"Io amo la filologia". Frase sconcertante in un saggio universitario, tanto più in Italia, dove la soggettività è bandita dallo stile accademico, mentre imperversa in altri generi di scrittura. E non è l'unica a far sobbalzare il lettore, specie se uno si aspetta il solito discorso distaccato e un po' noioso. Quasi a ogni pagina infatti l'autore parla direttamente, mettendosi a nudo, si mette in primo piano raccontando se stesso e i suoi percorsi di pensiero. Da un lato sembra davvero mescolare i generi: viene in mente infatti l'autofiction contemporanea, o quell'ibrido tra saggio e narrativa a cui appartengono Limonov o Il regno di Carrère. Dall'altro però siamo sempre di fronte a un testo pensato anche per gli studenti, in cui l'autore conduce per mano il lettore, fa smaccatamente il gioco di riformulare davanti a lui il moto ondeggiante e perpetuo di chi è animato dal furore della ricerca e di appassionarsi per i dettagli di quel che vede, legge, trascrive o di quel che ascolta. Perché in Trovatore amante spia la componente uditiva, musicale, è importante. Una musica impalpabile, ai limiti dell'inudibile, che ha risuonato nel passato, è stata cantata, mandata a memoria, ha suscitato imitazioni da un autore a un altro e da un testo a un altro, il mondo lontano della musica medievale. Il personaggio attorno al quale si addensano le ricerche è uno che di musica se ne intendeva, o meglio, la faceva come mestiere: un trovatore. Ma ben presto l'autore dimostra che il famoso Blondel non è mai esistito. La vicenda del trovatore che riconosce il canto del proprio signore, Riccardo cuor di leone, prigioniero in una torre, dà origine a percorsi molteplici e impensati. Dalla storia di Blondel si ramificano quelle del cuore mangiato, di Robin Hood, dell'immancabile Graal, fino ai topoi del prigioniero salvato da un amante-amico: attraverso infinite riscritture, diventerà la situazione prediletta della pièce à sauvetage, ripresa da Beethoven nel suo Fidelio, con riaggiustamento di identità di genere e sessuale. La situazione parallela, del prigioniero riconosciuto dall'esterno per il suo canto, sarà quella del Trovatore verdiano, quando Leonora riconosce la voce di Manrico. Ancora più interessanti dei capitoli in cui si seguono i temi originati dalla canzone di Blondel, che un tempo si sarebbero detti di taglio comparatista, sono le pagine in cui Daolmi lascia cadere riflessioni di metodo, pone interrogativi, propone soluzioni ai problemi sollevati, forte anche di una robusta esperienza didattica universitaria. Pagine simili si trovano in ogni capitolo, ma alla riflessione al quadrato sono dedicati espressamente quello intitolato Pausa metodologica e un'Introduzione (al testo). Nel primo si fa il punto su cosa significhi oggi occuparsi di filologia e su cosa essa sia: "strumento di conoscenza", più che disciplina il cui unico scopo sia quello di restituire un testo. Un testo è "prima di tutto le idee che genera". Quelle nate intorno al trovatore innamorato del suo re sono "l'emblema di un medioevo inventato, che non esiste in sé, ma su cui proliferano molte storie". Un medioevo da non respingere, perché il nostro immaginario è ancora impregnato delle sue storie fittizie, e perché le passioni che hanno suscitato sono un oggetto di ricerca altrettanto nobile quanto il restauro di testi più o meno originali. È affascinante studiare il processo con cui nasce il "moderno immaginario antico" e la ricerca è più che opportuna, ha perfino un senso etico, anche se tocca le figurine Liebig e i film hollywoodiani, le canzoni dei moderni gruppi neofolk e i versi di libretti d'opera di bassa lega. Compito dello studioso è far sì che il passato non affondi in una materia indistinta: se Blondel è spia di un passato di fantasia che oggi è appiattito, è proprio in questo sedimentare del tempo che le idee prendono forma, con percorsi tortuosi. Di tali percorsi e idee si deve occupare la filologia, disciplina che alla fine è anche una riflessione sul "modo con cui ragiono e insieme tengo viva la memoria", ovvero una riflessione sul nostro rapporto dispersivo e distratto con la memoria storica e culturale. Per scelte correlate all'impostazione di un volume poliedrico, che è compendio di filologia romanza e musicale, saggio di critica tematica e comparata, esempio di studi di genere e queer, e altro ancora, il testo è privo di note, mentre la bibliografia è relegata a un sito internet. Le prime, per "uscire dalla burocrazia della citazione bibliografica", dato che oggi gli studiosi non hanno più accesso a un canone di letture condivise, sono sostituite da immagini formato francobollo, che riproducono i frontespizi dei volumi citati. In un libro carico di illustrazioni più di un manuale di scuole superiori, questo sembra un po' ridondante, anche per la non perfetta definizione grafica delle riproduzioni minori. Insieme ad alcuni refusi grafici, sono le uniche, piccole mende, non dovute all'autore, di un testo colmo di sapere, provocazione, fantasia. M. Emanuele
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