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Scrive per la prima volta assieme a un altro sceneggiatore, Paolo Sorrentino, e si sente. In "This Must Be the Place" c'è uno sguardo più speranzoso e conciliato rispetto alla sua precedente filmografia, i toni caustici sono ammorbiditi, l'amarezza presente ma prontamente addolcita. Rimagono invariate, invece, le cifre stilistiche - visive, fotografiche, musicali e sonore - che fanno del napoletano uno dei migliori esponenti del cinema di casa nostra e non solo. E "This Must Be the Place" rimane un film ricco di momenti alti, capace di colpire emotivamente: anche e forse soprattutto nei momenti in cui la levità elfica del suo protagonista si trasforma in contenuta ma disperata rabbia. Come quando Cheyenne urla il suo dolore in faccia ad un basito David Byrne. Ma è anche un film con alcune ombre, pur sottili: ombre di una (in)completezza evanescente, impalpabile e programmat(ic)a, di un scrupolosità quasi ossessiva. "It's not true, but it's kind of you to say it", ripete spesso Cheyenne nel film. In qualche modo, obliquamente e con parafrasi, lo si potrebbe dire anche a Paolo Sorrentino.
Film da sconsigliare ai critici dilettanti che amano criticare le opinioni degli altri invece del film. C'è pure David Byrne, o quel che ne resta.
Film per appassionati del genere "Ho fatto fatica ad arrivare alla fine, non ci ho capito pressoché nulla, ma fa figo dire di averlo visto perchè pare sia molto concettuale".. mah.. Sean Penn è sempre Sean Penn.. però..
Recensioni
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