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Nell'arcipelago delle isole di Capo Verde vivono non più di 500.000 persone la cui storia inizia con quella delle grandi navigazioni e si compone di mille incroci. Quelle piccole isole africane sono divenute la culla di una fiorente cultura che ha dato alla musica cantanti come la Evora e alla letteratura decine di scrittori e poeti fra cui Germano Almeida. Il libro è favoloso, vi si legge il meglio della genialità sudamericana unita all'antica saggezza delle popolazioni dell'Africa nera. Nella scrittura stessa e nel racconto emerge la creatività di un'intera generazione di scrittori. Un libro piacevolissimo, da non perdere.
Recensioni
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scheda di Serani, U., L'Indice 1996, n.11
Se è vero che non si può conoscere un paese e una cultura con un incontro fugace, è però altrettanto vero che l'opera letteraria permette di dilatare l'incontro così tanto da rendere possibile, accompagnati da un romanzo, il cammino di scoperta di un paese straniero. Il libro di Germano Almeida ci avvicina alla Repubblica di Capo Verde, una decina di isole nel bel mezzo dell'Atlantico, da noi conosciute solo come terra di origine di immigrati. E il giovane autore, scrittore per diletto, padrone di un portoghese raffinatissimo (come solo gli africani ormai posseggono) arricchito dalla terminologia creola e dall'uso di una sintassi che scorre con la fluidità del pensiero e del racconto orale, ci inizia al suo paese raccontando a ritroso le vicende di un commerciante, il più ricco dell'isola di Sao Vicente e forse di tutto l'arcipelago, che ha lasciato un testamento interminabile, ritratto di una vita. Egli si arricchisce vendendo ombrelli in una terra che soffre siccità bibliche, si innamora di donne eteree e prende la sifilide in focosi amplessi con prostitute, ma al contempo ci descrive l'uomo capoverdiano con piglio antropologico: "perché non si riconosceva affatto in quell'intolleranza tanto contraria alla natura degli isolani".
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