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1492: Cristoforo Colombo scopre quella che altri battezzeranno America. 1543: viene pubblicato il De revolutionibus di Copernico. L'Europa non è più il centro del mondo, la Terra non è più il centro del cosmo: così comincia, per il piccolo globo su cui viviamo, l'Era planetaria. A cinque secoli di distanza, forze barbare e cieche si contendono ancora il dominio del pianeta - ma intanto è divenuta mondiale l'esigenza non solo di sopravvivere, ma di vivere meglio. Alle soglie del Terzo millennio, la nostra è una condizione di "agonia", sospesi come siamo tra possibilità di rinascita e vigilia di distruzione.
Siamo consapevoli di vivere una minuscola pellicola che avvolge un minuscolo pianeta perso nel gigantesco universo. Questo pianeta tuttavia è un mondo, il nostro mondo. Da trent'anni, siamo in grado di scoprire i segreti del nostro albero genealogico e di tracciare la nostra "carta di identità terrestre", nel momento stesso in cui le società sparse sul globo sono divenute indipendenti e si gioca collettivamente il destino della nostra specie. La presa di coscienza di questa comunanza terrestre è l'evento-chiave che può consentirci di uscire dall'età delle barbarie, facendoci comprendere che siamo solidali in questo pianeta, e con questo pianeta. È la nostra Terra-Patria.
scheda di Ferrante, A., L'Indice 1994, n. 7
Un mondo in pericolo, indebolito dal degrado ecologico e dal disordine demografico, preda di forze "barbare e cieche" che si contendono il suo dominio e di una civiltà che ha mercificato qualsiasi tipo di valore.. Non permette utopie o illusioni il pianeta Terra raccontato da Edgar Morin nel suo ultimo saggio, scritto a due mani con Anne Brigitte Kern, che apre una nuova collana dal titolo "Scienze e Idee", diretta da Giulio Giorello. Non permette utopie il pericolo che investe la stessa storia dell'uomo. Alle soglie del terzo millennio l'umanità è di fronte a un abisso, alle sue spalle un susseguirsi di bellezze e di orrori, di scoperte e di tragedie. La legge del progresso, votata all'infinito non ha posto limiti alla crescita economica, non ha posto limiti all'intelligenza umana, esasperando la mancanza di misura e l'accecamento umano. Ma alla fine Morin lancia un messaggio. Questo pianeta è il nostro pianeta e pur consapevoli di vivere su un "granello" immerso nel gigantesco universo, è necessario ritrovare l'unità umana e la sua profonda relazione con la natura per opporsi alla catastrofe e alla logica della perdizione, a salvaguardia della sua diversità. Gli uomini passano la maggior parte del loro tempo a sopravvivere: "Dobbiamo tentare di vivere non soltanto per sopravvivere, ma anche vivere davvero. Vivere poeticamente è vivere per vivere".
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