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E' il capolavoro di Perutz, insieme a "Il Giuda di Leonardo" e ai racconti "Di notte sotto il ponte di pietra". Libro intenso e singolare. Poco si respira, in questo romanzo, dell'Austria in declino, e molto si assorbe della Slavia. Ma l'ambiente esterno è coperto da una fitta nebbia emanata da un oscuro desiderio di vendetta. E' questo fosco volere che tiene in piedi la narrazione e che vela lo sguardo del protagonista. Egli agisce in base a un ricordo amaro. Ma quando la realtà gli si mostra, ecco che quel desiderio scompare, e insieme ad esso anche quella coltre di nebbia che copre il mondo. La realtà è diversa: riserva sorprese e delusioni. Quel desiderio di vendetta non verrà appagato: il perfido carnefice: l'aguzzino senza pietà: l'algido militare: il bieco funzionario hanno lasciato il posto a un anziano signore che ispira solo pietà umana. Non vi è morale in Perutz, né ombra di psicologismi. Solo un desiderio che divora il personaggio dall'interno, come una larva parassita mangia le carni del suo ignaro ospite. Difficile non richiamare alla mente, leggendo queste pagine, il Barnabo di Buzzati. Anche qui, come con Don Giovanni, ci troviamo di fronte a un mito letterario.
Ci ho messo un secolo a leggerlo e non è da me vista anche la mole non impegnativa. Preso in mano in un periodo della mia vita da dimenticare...quasi in un tempo di spettri direi. E' la storia di un'ossessione, di un correre dietro senza discernimento ad un'idea fissa. Alla fine si scopre che ci si è lasciati dietro, perdendole, le cose veramente importanti, che ciò che si cercava era dietro l'angolo e che, una volta trovato, perde di ogni attrattiva, perchè l'ossessione fa i conti con la miseria della realtà, l'ideale si scontra con l'umanità che contraddistingue ogni uomo. Non posso dire che mi sia piaciuto ma qualcosina di morale ci si tira fuori.
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