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Un a storia in cui gli elementi classici del racconto dell'orrore si riassestano in un gioco raffinato tra le percezioni del protagonista e la fantasia del lettore.
«Un breve ma potente spavento» – John Williams, The New York Times
«Tra "Shining" e il romanzo di culto di Mark Z. Danielewski, "Casa di foglie", una novella da incubo» – Didier Jacob, L'Obs
«Daniel Kehlmann trasforma la nostra testa in una casa stregata e reinventa la letteratura horror» – Martin Ebel, Die Welt
Uno sceneggiatore si ritira insieme alla moglie attrice e alla figlia di quattro anni in una casa isolata tra le montagne per scrivere il seguito del suo film di maggior successo. Il paesaggio è da cartolina: il minuscolo paese in fondo alla valle, la strada stretta e piena di tornanti, i ghiacciai quasi azzurri nell'aria frizzante di dicembre. Ma l'idillio è solo apparente. C'è qualcosa che non va. Mentre la moglie manda sms e la figlia fantastica nel suo mondo di bambina, la casa si trasforma in un puzzle di Escher a cui manca l'ultimo pezzo. Fra strani rumori improvvisi, oggetti che spariscono, vetri di finestre che non riflettono più la sua immagine, il protagonista diventa il doppio di se stesso, e nella progressiva perdita di riferimenti la scrittura è l'unico appiglio per mantenere il contatto con la realtà. Ancora una volta però nulla è come sembra, e gli elementi classici del racconto dell'orrore si riassestano in un gioco raffinato tra le percezioni del protagonista e la fantasia del lettore. L'orrore è davvero nella casa o all'interno delle relazioni personali?
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