L'origine di una città antica si perde comunemente nella oscurità de' tempi favolosi, e ascende sino a que' rimoti secoli dai quali a noi non è trapassato monumento alcuno, e perciò debbono considerarsi come secoli isolati e inaccessibili alla nostra curiosità. Tale si è la fondazione della città di Milano, di cui Plinio, Giustino e Livio fanno menzione, con autorità però sempre dubbia; perchè trattasi di un avvenimento accaduto più secoli prima che questi autori scrivessero, e presso di un popolo che probabilmente ignorava persino l'arte della scrittura con cui passare a' posteri la notizia de' fatti. Conviene però queste opinioni conoscerle, e brevemente esaminarle, per separare dalla massa delle tradizioni quella porzione che sia più credibile. Gli scrittori latini concordemente fanno discendere gli abitatori dell'Insubria dai Galli, che, superate le alpi, si collocarono in questa pianura; e perciò quella che oggidì chiamasi Lombardia, dai Romani ebbe il nome di Gallia Cisalpina. Questa general opinione degli antichi viene confermata ancora al dì d'oggi dalla pronuncia del dialetto popolare. La stessa lingua italiana presso gli abitanti di qua dalle alpi, da Genova a Brescia, e da Torino a Piacenza, viene pronunciata con vocali ed accenti affatto forestieri all'Italia, per modo che, chiunque sia avvezzo al parlare di Napoli, dì Roma, della Toscana o d'altra parte d'Italia, giudicherà piuttosto francesi che italiani i Lombardi che parlano il loro dialetto; il che rende verosimile l'origine più sopra accennata. Dico l'origine, perchè se bastasse un lungo soggiorno a lasciare una così durevole diversità, noi dovremmo avere assai più parole ed accenti teutonici che non abbiamo, sebbene la lunga dominazione de' Longobardi e l'invasione loro sia accaduta in secoli a noi più vicini. Tito Livio ci narra che Milano sia stata fondata da Belloveso, duce dei Galli, i quali colle armi scacciarono i Toscani, che prima avevano quivi collocate le loro sedi. Galli... fusis acie Tuscis, haud procul Ticino flumine: quum, in quo consederant, agrum Insubrium appellari audissent, cognomine Insubribus, pago Heduorum, ibi omen sequentes loci, condidere urbem, Mediolanum appellarunt. Il saggio autore però dapprincipio dice ch'ei riferiva sulla rimota venuta de' Galli quanto gli era stato narrato: De transitu in Italiam Gallorum haec accepimus; e poco sopra, parlando di questa venuta, dice: Eam gentem traditur... alpes transisse. Trattasi di un avvenimento: che viene collocato nella 45 Olimpiade, vivendo Tarquinio Prisco, cioè seicento anni prima dell'era volgare. Non abbiamo nel nostro paese monumento che ci assicuri essere vissuta alcuna nazione colta entro di esso prima d'Augusto, Negli scavi che sinora si sono fatti sotto Milano e la adiacente campagna non si è trovata statua alcuna, scultura, iscrizione o lavoro qualunque di metallo o di creta, che in qualsivoglia guisa ci dia indizio che prima dell'era volgare gli abitanti dell'Insubria conoscessero le arti. Non abbiamo libro alcuno scritto in Italia di cui l'autore non sia vissuto più secoli dopo l'epoca in cui si dice fondata la città nostra. Livio stesso non indica di aver conosciuto carte, iscrizioni, monete o altri documenti che siano giunti intatti alle sue mani, anzi nulla più dice, che haec accepimus, ovvero traditur; l'asserzione perciò di Livio tutt'al più ci farà credere che l'opinione de' Galli Cisalpini, mentr'ei scriveva, fosse che la città di Milano avesse per fondatore certo antico Belloveso, e che tale opinione dai rozzi ed agresti loro antenati, per molte generazioni, fosse discesa alla generazione allora vivente.
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