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Stella meravigliosa - Yukio Mishima - copertina
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Stella meravigliosa
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Descrizione


Giappone, primi anni Sessanta. La vita tranquilla, discreta, regolare della famiglia Òsugi viene sconvolta da eventi meravigliosi: uno a uno, padre, madre, figlio e figlia avvistano misteriosi chiarori e ricevono messaggi telepatici da creature di un pianeta lontano. E, attraverso il contatto con gli alieni, fra timore e stupore scoprono un segreto sepolto nella loro memoria... "Stella meravigliosa", che pure svela la passione del grande scrittore giapponese per l'ufologia e le possibilità di vita extraterrestre, non è un romanzo fantascientifico in senso stretto: fantasia e realtà si intrecciano per immergerci in un mondo portatore di fondamentali interrogativi universali.
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Dettagli

2
2002
Tascabile
203 p., Brossura
9788882464875
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Indice


Le prime frasi del romanzo:

CAPITOLO 1

In una serena notte di novembre, a ora tarda, dal garage di una grande villa della cittadina di Hanno, nella prefettura di Saitama, uscì velocemente una rombante Volkswagen del '51. Il motore emetteva un terribile frastuono a causa del freddo e indugiava a partire, mentre i passeggeri volgevano qua e là sguardi inquieti.
L'antica dimora era stata dotata da poco tempo di un garage e di una vecchia auto. Oltre al recinto di sasaragi che incominciava a marcire, v'era la porta del garage dipinta con vernice verde. Era evidente che, dopo un lungo periodo di quiete, la casa era nuovamente animata da un'insolita attività. Tuttavia erano in pochi a sapere in che consistesse tale attività. Presumibilmente qualcosa di assai differente da quella, aperta e comprensibile a tutti, esercitata dagli avi, che avevano fatto fortuna con il commercio ed erano diventati i più grandi venditori di legno a Hanno.
Akiko, la figlia, una bella ragazza taciturna e riservata, passava di tanto in tanto per la strada con un grosso pacco di lettere: v'era chi la criticava per la sua abitudine di servirsi della posta centrale di fronte alla stazione, invece di recarsi all'antiquato ufficio postale distante soltanto due o tre case dalla sua villa. Nel pacco erano solitamente incluse alcune lettere provenienti da varie nazioni e indirizzate a lei.
Nella notte profonda l'auto percorreva le ampie strade della pianura di Hanno, che pareva estendersi senza confini. Era Kazuo, il fratello, a guidare. Accanto a lui era seduta la sorella minore Akiko. I genitori, i coniugi Osugi, occupavano i sedili posteriori.
"Abbiamo fatto bene a uscire presto", commento Juichiro Osugi, il capo famiglia. "A volte si rischia di arrivare in ritardo, meglio partire in anticipo".
"È vero, se tardassimo irriteremmo i nostri amici", assentì la moglie Iyoko. I loro sguardi erano rivolti al finestrino anteriore, a fissare il cielo che gradualmente si oscurava fra le basse case con le luci spente. I quattro avevano occhi belli e limpidi, una caratteristica di famiglia.
Non incontrarono ombra d'uomo sulla strada. L'auto passò davanti alla Camera di Commercio, volse a destra e, in prossimità delle luci del commissariato di polizia, dove qualcuno vigilava, girò a sinistra e, poco dopo, raggiunse il capolinea degli autobus interurbani. Il candido e moderno edificio quadrato del Teatro Municipale spiccava in rilievo nel cupo grumo notturno della retrostante collina Rakan, la loro meta. La collina Rakan, che si elevava di 145 metri sul livello del mare, era stata chiamata Atago da Onoya Osho, il primo capo della setta Tendai di Noninji durante il regno dell'imperatore Go Nara. Nel quinto anno dell'era Genroku, Keishoin, madre di Tsunayoshi, il quinto shogun, vi collocò sedici rakan di qui, il nome.
Kazuo fermò l'auto sotto la grande vetrata del Teatro Municipale. Le luci esterne giungevano soffuse all'interno dell'edificio, con il soffitto spropositatamente alto e sedili per centinaia di ospiti. Una fila a semicerchio di poltroncine vuote fronteggiava il palco deserto. Quasi si specchiassero reciprocamente nel loro vuoto, tra i due elementi regnava un'armonia di tensioni ancor più profonda di quando il Teatro Municipale era gremito di gente.
Dopo aver indugiato a sbirciare, Kazuo aprì il portabagagli dell'auto e ne tolse coperte e zainetti che contenevano cibarie. Li caricò in spalla, mentre gli altri componenti della famiglia portavano chi la macchina fotografica, chi gli occhiali, chi il thermos. Akiko scese agilmente dal sedile vicino al guidatore: indossava pantaloni grigi e un vivace golf da sci, aveva una sciarpa di lana avvolta intorno al collo, con i lembi che le pendevano sul petto. Il suo bel volto pallido appariva ravvivato dalla notte e il foulard che le copriva i capelli ne accentuava i contorni delicati. L'aria fresca le conferiva vitalità e la torcia che brandiva e che scuoteva energicamente per provarne l'efficacia, pareva un'arma nelle sue mani.
Juichiro, che era sceso dall'auto per ultimo, indossava un giaccone di pelle su un golf, mentre la moglie Iyoko sfoggiava un kimono con un soprabito di spesso tessuto da cui spuntava un erimaki. Il capo famiglia, l'occhialuto Juichiro che, a parte un breve periodo dedicato all'insegnamento, non si era mai impegnato in una professione, aveva un bel volto dall'ovale allungato, da cui traspariva la sua indole d'intellettuale. Il naso, lungo e sottile, pareva annusare intorno il profumo di solitudine e di malinconia da lui stesso emanato. A paragone del suo, il volto della moglie era comune e gioviale, simile a quello del figlio nell'espressione fiduciosa, e un poco ottusa. Incominciarono a salire per il pendio circondato da criptomerie incrociando i fasci di luce delle torce. Erano i soli a farsi varco fra le tenebre. Non un alito di vento smuoveva l'aria che gravava sulla pianura, e più salivano più aumentava il fruscio delle foglie degli alberi immersi nella notte.
A poco a poco il cielo che si scorgeva fra le criptomerie assunse la tinta dell'acqua di un pozzo in cui le stelle brillavano con un fulgore sempre più intenso. Il fascio di luce della lampadina tascabile di Kazuo, che precedeva i familiari, metteva in rilievo pietre tombali lungo il sentiero largo e di scarsa pendenza. Svoltarono nel punto in cui sorgeva una stele e si trovarono su uno spiazzo erboso. Le loro torce illuminarono una fila di panchine deserte e cumuli di cartacce. Non si udiva un grido d'uccello. Attraversato lo spiazzo il sentiero si assottigliò divenendo più erto. Il cammino proseguiva ripido. Nella terra erano infissi orizzontalmente dei tronchi per facilitare il passaggio, che tuttavia era spesso impedito in entrambi i lati da rocce e da radici: la luce delle torce esaltava rilievi e convessità della pietra e ne ingigantiva le ombre. Il fruscio delle fronde pareva aumentare.

Valutazioni e recensioni

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Jac
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Nel romanzo di Mishima ci sono degli alienati che si credono degli alieni alla lettera e c’è qualche altro pregio, ma non sarò io a dire quale.

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Lalla
Recensioni: 4/5

Una famiglia scopre improvvisamente (e inspiegabilmente) di ospitare extraterrestri di diversi pianeti nei corpi dei suoi componenti. Juichiro, il padre, viene da Marte; Iyoko, la moglie, è di Giove; i figli Akiko e Kazuo, invece, appartengono rispettivamente a Venere e Mercurio. Ognuno di loro, prima della rivelazione, ha avvistato dei dischi volanti, ma l’equilibrio della famiglia è molto fragile in quanto non hanno mai assistito all’evento tutti insieme, e dunque non hanno nessuna prova che anche i familiari siano veramente extraterrestri.

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Marco C.
Recensioni: 4/5

«Gli esseri umani sono sempre mossi da sentimenti oscillanti e ne rimangono spesso delusi e depressi» Probabilmente l'opera più strana di Mishima. Definirla fantascienza sarebbe esagerato, nonostante le premesse e la trama. Ma devo dire la verità, alcune situazioni e in modo particolare alcune riflessioni dei personaggi, mi hanno ricordato Philip K. Dick. Ora, paragonarli sarebbe assurdo, non avrebbe senso, e anche dire che Mishima sia stato influenzato dall'americano sarebbe alquanto errato. Però è bello fantasticare: e se Mishima avesse letto qualche racconto di Dick? Opera strana, diversa, ma in cui la spada del Maestro è sempre lì, pronta a trafiggere.

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La recensione di IBS


"Fu allora che Akiko scorse un punto luminoso nel cumulo di nubi oscure. Toccò la spalla di Takemiya per attirare la sua attenzione su di esso. Si aggiunse un altro punto, infine furono tre. Scendevano sempre più grandi verso il mare, in formazione. Quando si avvicinarono apparvero nella loro nitida forma di dischi volanti."

Che piacere la lettura di un romanzo di Mishima. La leggerezza della sua scrittura, la delicatezza del tratto descrittivo, i colori tenui, ma non per questo meno incisivi, con cui completa il quadro: tutto si incastra perfettamente per creare infine un puzzle in cui si ricostruisce l'immagine del Giappone contemporaneo, ancora radicalmente legato alle sue tradizioni, ma anche quella dell'essere umano con le sue debolezze ed i pensieri più profondi, che non hanno nazionalità. Come spesso accade quando si legge l'opera di narratori eccelsi, ci si ritrova a sottolineare pensieri, a cercare di ricordare frasi da fare proprie: memorie del privato e non citazioni d'effetto.

Ma che sorpresa questo Mishima quasi fantascientifico! No, certo non si può definire un romanzo di fantascienza. Con questo genere letterario, in realtà non ha nulla da spartire. Ma i protagonisti sono "speciali" e sono loro a trascinare nella direzione dell'immaginario misterioso e nel racconto di ufologia. Una famiglia normale, molto discreta, che conduce una vita regolare, senza eccezionalità di alcun tipo, improvvisamente ha una rivelazione collettiva: padre, madre, figlio e figlia non sono esseri umani comuni, anzi non sono proprio esseri umani, ma provengono da differenti pianeti del sistema solare. Singolarmente, ognuno di loro a distanza di pochissimo tempo, ha contatti diretti con i propri simili della galassia, attraverso avvistamenti di dischi volanti e messaggi telepatici. Purtroppo questa nuova coscienza non è supportata da concrete memorie di una vita extraterrestre, che pur deve esserci stata, ma è tutta basata su una sensazione forte e un nuovo orgoglio: quello di essere creature provenienti dallo spazio. Dal momento in cui la famiglia Osugi riconosce questa comune condizione, muta atteggiamento sia al proprio interno, sia nei confronti dell'esterno. A una iniziale forma di timore, di pudore che porta a nascondere la vera identità si sostituisce la voglia di comunicare le proprie origini e le informazioni che, non ultimo aspetto, possono aiutare l'umanità nel cammino verso la salvezza, vero scopo della presenta extraterrestre sul pianeta.

Un annuncio firmato Associazione degli amici dell'universo e scritto dal capo famiglia Juichiro (Chi si interessa agli ci scriva. Collaboriamo per la pace nel mondo, dove è un simbolo in codice che significa extraterrestri ed è rivolto ai soli iniziati) è il primo passo per allargare gli orizzonti della visione. Si scopre che altri uomini, terrestri in apparenza, sono in realtà provenienti da pianeti diversi. Nasce l'esigenza di ricercare affinità, ricordi comuni e, successivamente, di verificare direttamente, personalmente queste supposte origini. Accade in particolare per Akiko, la ragazza della famiglia Osugi, che decide di incontrare Takemiya, il suo corrispondente venusiano e recarsi a Uchinada, luogo in cui entrambi vedranno dischi volanti approssimarsi alla Terra. Questa ricerca di una prova tangibile della comune ascendenza (gli extraterrestri si mostrano solo ai propri simili) è giudicata come una debolezza di carattere "terrestre", quasi un affronto agli occhi del padre, che forse già intuisce il pericolo insito nella nuova amicizia della figlia. Nel frattempo, per ciò che riguarda la vita pubblica della famiglia, Juichiro ha organizzato un incontro itinerante sul tema "Nell'auspicio di una pace mondiale secondo le istruzioni degli equipaggi dei dischi volanti" per diffondere le proprie idee. Con logiche talora surreali subentra l'interesse del mondo politico nei confronti del movimento e l'allargamento del dibattito ad altri esseri alieni, che, attirati dalla fama dell'Associazione degli amici dell'universo, si presentano da Juichiro, per propugnare teorie decisamente drammatiche: il fine degli extraterrestri è quello di distruggere e non di salvare l'umanità. Solo eliminando del tutto l'umanità, bruciando e devastando con ogni mezzo, afferma Haguro, uno dei tre extraterrestri provenienti da un pianeta lontano, la sessantunesima stella della costellazione del Cigno, (una "direzione nefasta", come afferma Juichiro) "la terra risplenderà nella notte come una piccola lanterna in un giorno di festa. Per la prima volta il mondo parrà un luogo idilliaco. La terra diventerà come tu desideri: una stella meravigliosa." Questo lungo dibattito sul valore dei terrestri occupa quasi interamente l'ultima parte del romanzo ed è sia una denuncia dei limiti e delle piccolezze degli uomini, sia l'affermazione della loro forza, capace comunque superare questi limiti in molte direzioni. Sono pagine che non perdono la levità di tutta l'opera, ma che continuano a testimoniare nel tempo il monito lanciato da Mishima, seppur senza violenza, a tutta l'umanità perché trovi una via d'uscita dal processo lento ma inesorabile verso l'autodistruzione. E il rifugio simbolico in un'altra identità, quella aliena, è forse il grido disperato dell'autore alla ricerca della salvezza personale. Un urlo ancor più agghiacciante perché silenzioso, come quello di Munch, fissato sulla tela quasi un secolo prima.

A cura di Wuz.it

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Conosci l'autore

Yukio Mishima

1925, Tokyo

Yukio Mishima, pseudonimo di Hiraoka Kimitake è stato uno scrittore giapponese. Autore in particolare di romanzi incentrati sulla dicotomia fra i valori della tradizione e l'aridità spirituale del mondo contemporaneo. La sua prima opera, Confessioni di una maschera (1949), parzialmente autobiografica, gli diede subito fama e successo. La popolarità andò ulteriormente consolidandosi con La voce delle onde (1954), Il padiglione d'oro (1956) e Il sapore della gloria (1963). In seguito, con la tetralogia Il mare della fertilità (1965-1971) Mishima affermò il valore della cultura del Giappone imperiale, criticando gli esiti del processo di modernizzazione del paese. Temi ricorrenti della sua produzione sono il mito della forza e dell'eroismo, l'erotismo,...

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