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Anno edizione: 2020
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Byung-Chul Han, filosofo tedesco-coreano, è una dei più interessanti filosofia contemporanei per l’attualità dei temi trattati. Qui ci porta per mano ad un arguta riflessione sull’ossessione dell’iperattività, la tendenza al multitasking, i ritmi dell’iperproduzione e i risvolti di una società che non è capace più di dire di no portano a disturbi di natura depressiva e nevrotiva, con evidenti segni di bornout. «La società disciplinare descritta da Foucault, fatta di ospedali, manicomi, prigioni, caserme e fabbriche, non è più la società di oggi. Al suo posto è subentrata da molto tempo una società completamente diversa, fatta di fitness center, grattacieli di uffici, banche, aeroporti, centri commerciali e laboratori di genetica. La società del XXI secolo non è più la società disciplinare ma è la società della prestazione. […] Il verbo modale positivo, proprio della società della prestazione, è il “poter-fare” illimitato. Il suo plurale collettivo, nell’affermazione “Yes we can”, esprime appunto il carattere di positività della società della prestazione. In luogo del divieto, dell’obbligo o della legge, subentrano il progetto, l’iniziativa e la motivazione. La società della disciplinare è ancora dominata dal no. La sua negazione produce pazzi e criminali. La società della prestazione, invece, genera soggetti depressi e frustrati. […] Quanto più spesso si cambia identità, tanto più è incentivata la produzione. La società disciplinare industriale è connessa a un’identità immutabile, mentre la società della prestazione post-indutriale esige che la persona sia flessibile, così da incrementare la produzione»
Lettura insolita che va affrontata con grade attenzione. Piaciuto.
Estremamente interessante. Consiglio la lettura
Recensioni
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