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Il sindacato nella gestione dell'impresa. Nel centenario del biennio rosso 1919-1920. Un nuovo orizzonte per fermare l'arbitrio e tenere il passo alle multinazionali nel sistema globale
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Il sindacato nella gestione dell'impresa. Nel centenario del biennio rosso 1919-1920. Un nuovo orizzonte per fermare l'arbitrio e tenere il passo alle multinazionali nel sistema globale - Michele Furci - ebook
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sindacato nella gestione dell'impresa. Nel centenario del biennio rosso 1919-1920. Un nuovo orizzonte per fermare l'arbitrio e tenere il passo alle multinazionali nel sistema globale
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La questione del lavoro e la destrutturazione del tessuto produttivo del Paese richiede uno sforzo urgente per comprendere, riflettendo senza riserva alcuna, quale sia la missione sindacale in questo primo scorcio del terzo-millennio. Inevitabile, perciò, con il sapere della realtà che ci circonda, ripercorrere le tappe fondamentali della storia del movimento operaio, dagli albori del suo radicamento all’inizio ‘900 per arrivare ai nostri giorni. Ciò serve per rigenerare il protagonismo del sindacalismo confederale moderno, pena la sua deriva marginale nei processi delle attività umane e dunque della sua estinzione di soggetto rappresentativo nel mondo del lavoro per come si presenta nelle sue inedite forme. Il tema serve per attualizzare sia i contenuti del riscatto sociale indicati dal manifesto di Marx e Engels nel 1848 e sia per prendere atto dei principi basilari della dottrina sociale cristiana, codificati da Leone XIII con la pubblicazione della Rerum Novarum nel 1891. Si tratta, infatti, di concretare la sintesi dei due pensieri nella realtà di questo scorcio del terzo millennio per cambiare il paradigma imposto dalla logica tecnocrate in materia di uso delle risorse e della produzione della ricchezza mediante la piena creatività della missione del lavoro umano. La combinazione positiva dei postulati contenuti nei due documenti, chiave di lettura dei processi scaturiti dalla prima rivoluzione industriale dell’ottocento, serve per sconfiggere l’idea aberrante dell’iper-liberismo finanziario di questo XXI secolo che, imponendosi nella gestione odierna delle unità produttive e dei servizi in maniera impersonale, annulla il normale rapporto duale di relazioni industriali delle parti sociali, concretatosi in Europa e in Occidente dopo un secolo di conquiste sindacali sul versante della democrazia economica. Tanto più che, con la globalizzazione dei mercati e la possibile delocalizzazione unilaterale delle unità produttive praticata dalle multinazionali e dalle aziende quotate in Borsa, la responsabilità sociale e comunitaria cui è tenuta a osservare costituzionalmente l’impresa è sottratta al confronto naturale e democratico con le varie articolazioni sociali e dello stesso Stato, impossibilitato a tal uopo di esercitare sino in fondo la sua sovranità. La totale libertà di muoversi, consentita con la presunta natura sovranazionale alle multinazionali, produce effetti devastanti nel processo relazionale tra le parti storicamente chiamate a gestire e governare il naturale conflitto sociale. Questa inedita forma dell’impresa, ossia dell’imprenditore chiamato a concretare e a esercitare professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi, svilisce il potere sovrano dello Stato e annulla il protagonismo creativo e partecipativo del soggetto politico fondamentale del lavoro, che storicamente è identificato con il Sindacato dei lavoratori. Per queste ragioni, serve una rivisitazione dei processi sociali che hanno dato origine al sindacalismo confederale sul finire del XIX secolo e delle sue divisioni nel primo ventennio del ‘900.
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9791220251044

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Rosario Rito
Recensioni: 4/5

Se vogliamo che il lavoro nobiliti l’uomo, l’uomo deve nobilitare la democrazia economica. Si può riassumere così l’ultima fatica letteraria di Furci, scrittore, ex sindacalista fedele all’impegno sociale e culturale per la formazione umana. Il lavoro come luogo è l’autentica realizzazione della persona, perciò bisogna tutelarlo sempre nelle forme con cui si concretizza. Il Sindacato, con il libero mercato basato sugli interessi economici di pochi azionisti, nelle sue tradizionali forme stenta a tutelare i diritti dell’operaio e dei professionisti dei nuovi mestieri, tramutandosi pure in un impoverimento della comunità cui appartengono. La libera delocalizzazione, con la globalizzazione selvaggia, ha portato all’annullamento del comma 2 dell’art, 41 Cost., che afferma: “L’impresa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e dignità umana”. Dignità umana che si salvaguarda se si comprende che “Lo scopo dell’impresa, non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l’esistenza stessa dell’impresa come comunità di uomini che, in modi diversi, perseguono il soddisfacimento dei loro bisogni fondamentali …”, (Giovanni Paolo II). Se è pur vero che grazie alla scienza l’uomo è più progredito, è anche vero che non potrà mai migliorare il benessere sociale senza sentirsi membro attivo della società, sia in senso emotivo e sia in quello soggettivo. Il lavoro non è un optional, bensì un’esigenza per lo sviluppo e la realizzazione umana integrale. Furci, evidenziando l’abuso delle multinazionali con la globalizzazione, ricostruita la storia sindacale del ‘900, con un lungimirante scritto propone l’entrata dei lavoratori nella gestione dell’impresa insieme agli azionisti. Il nuovo traguardo è la condizione affinché i diritti inalienabili della persona nel lavoro – di tutti senza discriminazione alcuna – siano tutelati ed estesi poiché nessuna risorsa umana e materiale deve essere scartata.

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Rosario Rito
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Se vogliamo che il lavoro nobiliti l’uomo, l’uomo deve nobilitare la democrazia economica. Si può riassumere così l’ultima fatica letteraria di Furci, scrittore, ex sindacalista fedele all’impegno sociale e culturale per la formazione umana. Il lavoro come luogo è l’autentica realizzazione della persona, perciò bisogna tutelarlo sempre nelle forme con cui si concretizza. Il Sindacato, con il libero mercato basato sugli interessi economici di pochi azionisti, nelle sue tradizionali forme stenta a tutelare i diritti dell’operaio e dei professionisti dei nuovi mestieri, tramutandosi pure in un impoverimento della comunità cui appartengono. La libera delocalizzazione, con la globalizzazione selvaggia, ha portato all’annullamento del comma 2 dell’art, 41 Cost., che afferma: “L’impresa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e dignità umana”. Dignità umana che si salvaguarda se si comprende che “Lo scopo dell’impresa, non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l’esistenza stessa dell’impresa come comunità di uomini che, in modi diversi, perseguono il soddisfacimento dei loro bisogni fondamentali …”, (Giovanni Paolo II). Se è pur vero che grazie alla scienza l’uomo è più progredito, è anche vero che non potrà mai migliorare il benessere sociale senza sentirsi membro attivo della società, sia in senso emotivo e sia in quello soggettivo. Il lavoro non è un optional, bensì un’esigenza per lo sviluppo e la realizzazione umana integrale. Furci, evidenziando l’abuso delle multinazionali con la globalizzazione, ricostruita la storia sindacale del ‘900, con un lungimirante scritto propone l’entrata dei lavoratori nella gestione dell’impresa insieme agli azionisti. Il nuovo traguardo è la condizione affinché i diritti inalienabili della persona nel lavoro – di tutti senza discriminazione alcuna – siano tutelati ed estesi poiché nessuna risorsa umana e materiale deve essere scartata.

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Birbi
Recensioni: 5/5

Decisamente interessante.

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