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Anno edizione: 2021
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Se vogliamo che il lavoro nobiliti l’uomo, l’uomo deve nobilitare la democrazia economica. Si può riassumere così l’ultima fatica letteraria di Furci, scrittore, ex sindacalista fedele all’impegno sociale e culturale per la formazione umana. Il lavoro come luogo è l’autentica realizzazione della persona, perciò bisogna tutelarlo sempre nelle forme con cui si concretizza. Il Sindacato, con il libero mercato basato sugli interessi economici di pochi azionisti, nelle sue tradizionali forme stenta a tutelare i diritti dell’operaio e dei professionisti dei nuovi mestieri, tramutandosi pure in un impoverimento della comunità cui appartengono. La libera delocalizzazione, con la globalizzazione selvaggia, ha portato all’annullamento del comma 2 dell’art, 41 Cost., che afferma: “L’impresa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e dignità umana”. Dignità umana che si salvaguarda se si comprende che “Lo scopo dell’impresa, non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l’esistenza stessa dell’impresa come comunità di uomini che, in modi diversi, perseguono il soddisfacimento dei loro bisogni fondamentali …”, (Giovanni Paolo II). Se è pur vero che grazie alla scienza l’uomo è più progredito, è anche vero che non potrà mai migliorare il benessere sociale senza sentirsi membro attivo della società, sia in senso emotivo e sia in quello soggettivo. Il lavoro non è un optional, bensì un’esigenza per lo sviluppo e la realizzazione umana integrale. Furci, evidenziando l’abuso delle multinazionali con la globalizzazione, ricostruita la storia sindacale del ‘900, con un lungimirante scritto propone l’entrata dei lavoratori nella gestione dell’impresa insieme agli azionisti. Il nuovo traguardo è la condizione affinché i diritti inalienabili della persona nel lavoro – di tutti senza discriminazione alcuna – siano tutelati ed estesi poiché nessuna risorsa umana e materiale deve essere scartata.
Se vogliamo che il lavoro nobiliti l’uomo, l’uomo deve nobilitare la democrazia economica. Si può riassumere così l’ultima fatica letteraria di Furci, scrittore, ex sindacalista fedele all’impegno sociale e culturale per la formazione umana. Il lavoro come luogo è l’autentica realizzazione della persona, perciò bisogna tutelarlo sempre nelle forme con cui si concretizza. Il Sindacato, con il libero mercato basato sugli interessi economici di pochi azionisti, nelle sue tradizionali forme stenta a tutelare i diritti dell’operaio e dei professionisti dei nuovi mestieri, tramutandosi pure in un impoverimento della comunità cui appartengono. La libera delocalizzazione, con la globalizzazione selvaggia, ha portato all’annullamento del comma 2 dell’art, 41 Cost., che afferma: “L’impresa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e dignità umana”. Dignità umana che si salvaguarda se si comprende che “Lo scopo dell’impresa, non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l’esistenza stessa dell’impresa come comunità di uomini che, in modi diversi, perseguono il soddisfacimento dei loro bisogni fondamentali …”, (Giovanni Paolo II). Se è pur vero che grazie alla scienza l’uomo è più progredito, è anche vero che non potrà mai migliorare il benessere sociale senza sentirsi membro attivo della società, sia in senso emotivo e sia in quello soggettivo. Il lavoro non è un optional, bensì un’esigenza per lo sviluppo e la realizzazione umana integrale. Furci, evidenziando l’abuso delle multinazionali con la globalizzazione, ricostruita la storia sindacale del ‘900, con un lungimirante scritto propone l’entrata dei lavoratori nella gestione dell’impresa insieme agli azionisti. Il nuovo traguardo è la condizione affinché i diritti inalienabili della persona nel lavoro – di tutti senza discriminazione alcuna – siano tutelati ed estesi poiché nessuna risorsa umana e materiale deve essere scartata.
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