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Anno edizione: 2016
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Libro eccezionale perchè condensa in poche pagine tantissime cose. L'approccio è quello giusto: è una storia dei vari modi con cui la conquista delle Americhe è stata raccontata. I conquistadores non erano soldati ma imprenditori privati e armati; la conquista non fu pressoché mai completa (sia in senso territoriale che culturale) e tantomeno rapida; il contributo degli indios stessi e degli schiavi africani fu volutamente sottovalutato; il mito dei grandi uomini (Colombo, Cortes, Pizarro) fu anch'esso largamente costruito a tavolino (così nacque il mito moderno della terra piatta, quando in realtà era Colombo a sbagliare i calcoli sul raggio della Terra e non i dottori dell'università di Salamanca). Mi ha convinto solo di meno nell'ultimo capitolo, quando si analizza il mito della "superiorità" spagnola e occidentale sugli Indios. Se l'uso di questo mito per stabilire la superiorità razziale di un popolo sugli altri è sbagliato, non si può tuttavia arrivare a ridimensionare il puro fatto storico che furono gli occidentali ad andare in America e non viceversa e ad avere armi nettamente più efficienti (più che cavalli e archibugi, le spade d'acciaio). Possiamo non chiamarla superiorità per evitare derive sgradite, tuttavia cambiare il nome non cambia la sostanza. A parte questo piccolo appunto, il libro rimane eccezionale. Si riscoprono un mucchio di cose che io (un po' digiuno di questo periodo storico, lo ammetto) ho trovato straordinarie: ad esempio il poema epico "Cantares Mexicanos" creato da Nahuatl, cioè dagli indios che aiutarono gli spagnoli. Dal loro punto di vista, la conquista spagnola non fu tale ma fu la loro ribellione contro il dominio azteco e fu quindi un periodo glorioso!
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