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Pensavo di aver acquistato un libro che descrivesse le avventure del protagonista come nomade a tempo pieno, invece ciò è recluso a minima parte. La fetta più grande di questo volume risulta un resoconto storico sui nomadi, nomadismi e nomadologia, dagli albori della conoscenza umana riguardo questa pratica -con accenni ai mongoli delle steppe e ampie dissertazioni sugli indiani- alle definizioni di ciò che è oggi, il nomadismo. E' sicuramente un libro interessante, che riempie di nozioni, alla ricerca continua di ciò che spinge una parte dell'umanità ad essere sempre in movimento, definita da taluni patologica e da altri semplicemente più sensibile agli istinti primordiali che hanno caratterizato gli uomini ad essere nomadi per una fetta di tempo enormemente superiore a quanto siano stati stanziali (Chatwin). La storia della conquista americana fa la parte del leone e, come al solito, stringe il cuore ripercorrere l'annientamento degli indiani e del loro modo di vivere, in nome di una espansione dela civiltà, del cristianesimo a scapito di tutto ciò che raprresentava essere selvaggi. E allora addio praterie, addio bisonti, addio spazi senza confini e recinti; oggi essere barboni, hobo o pensionati in camper come rappresentanti di libertà, lascia solo amarezza.
Racconto dal fascino indiscutibile, consente al lettore di trovarsi in giro per le strade d'America anche rimanendo seduto sul divano di casa. Fa respirare tutta l'ampiezza delle immense distese delle pianure americane ed è ricco di dettagliate informazioni di carattere storico, naturalistico e sociologico. Un racconto scritto per chi ama viaggiare, guardarsi intorno ed entrare in contatto l'intimità del proprio pensiero, per chi si fa domande sul proprio modo di vivere. Un racconto che descrive un viaggio che non si prefigge mete, perso in posti dove le strade non portano nome.
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