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Anno edizione: 2016
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È un libro un po' particolare. Lo definirei biografico. La protagonista è una donna realmente esistita. Lei era una delle tante amanti del pittore spagnolo.. Picasso soffriva di narcisismo e lei soffriva di masochismo. La loro storia d'amore era basata sul concetto di schiava e padrone. Di questo dice anche il titolo del romanzo. In generale, mi è piaciuto, nonostante che ho trovato i personaggi poco simpatici.
Un romanzo struggente la storia d'amore tra Picasso e Dora Maar che ha lasciato Geoges Bataille ed inizia col pittore una relazione violenta, con lui che soprattutto ama se stesso.E' lei che lo fotografa mentre dipinge il suo capolavoro "Guernica". Il libro documenta la loro passione in modo avvincente e la narrazione della loro vicenda è anche quella del mondo di artisti che li circonda in quel cupo periodo della guerra civile spagnola.
Henriette Theodora Markovic oppure, più semplicemente, Dora Maar, come preferirà farsi chiamare nella Parigi del primo dopoguerra. Una donna affascinante ed enigmatica, eccellente fotografa, poetessa di stampo surrealista e pittrice. Amica di grandi personaggi quali Paul Eluard, Georges Bataille (di cui fu anche l'amante per alcuni anni, in una relazione fortemente osteggiata dalla madre), Man Ray, con il quale condivise per un certo periodo di tempo lo studio fotografico. Amante di Picasso, o forse, meglio, sua succube. La sua relazione con il geniale pittore le donò momenti di grande felicità, ma anche e soprattutto un infinito numero di sofferenze e dolorose crisi di gelosia tanto da essere da lui stesso chiamata La femme qui pleure.
Recensioni
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La “schiava” del titolo è Henriette Theodora Markovitch, che nella Parigi degli anni trenta e quaranta fu personaggio centrale di una temperie artistica dove i destini della Francia e dell’Europa democratica facevano da sfondo angosciato alle tensioni ideali di uno straordinario gruppo di intellettuali, e alla loro creativitá insaziabile e ribelle. C’erano tutti, da Picasso a Paul Eluard, da Man Ray a Georges Bataille, da Cocteau a Jacques Prévert, ma c’era soprattutto la consapevolezza di vivere un tempo che stava segnando la fine di un’epoca e però anche scontava l’incertezza del nuovo che l’avrebbe sostituita, mentre le armate naziste di Hitler minacciavano alle porte di Parigi.
Come già per Modigliani, per Curzio Malaparte, per Carmelo Bene, anche in questo nuovo lavoro Osvaldo Guerrieri riprende un suo personale modulo narrativo che intreccia documenti e interpretazioni, realtà e finzione, storia e psicologia, costruendo sulla tempestosa relazione tra Picasso e la Markovitch (diventata ora la celebre fotografa surrealista Dora Maar) un appassionato ritratto della capitale francese nel tempo forse più entusiasmante della sua straordinaria storia culturale. Sul piano della comunicazione, il metodo di lavoro di Guerrieri pone domande intriganti, perché sottopone il risultato a una indagine esplorativa che tende a recuperare una possibile linea di confine tra il diritto dell’autore di perseguire un suo originale percorso interpretativo di personaggi storici al di là della loro dimensione simbolica e, dall’altra parte, la materia concreta dei fatti della storia, i documenti, gli atti ufficiali, le memorie autentiche di quei giorni e del loro vissuto. Oggi la tv, e soprattutto le serie di telefilm di successo, ci hanno abituati ad accogliere con riserve sempre più flebili i prodotti della “docufiction”, piegando alle ragioni del linguaggio spettacolare il dovere di una aderenza alla realtà; il metodo di lavoro di Guerrieri si colloca su un contiguo piano semantico, ma Guerrieri ne esce con assoluta dignità grazie a una raffinata ricerca documentaria e a una scrittura di intensa efficacia narrativa.
Recensione di Mimmo Candito
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