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Un romanzo «non contro la guerra ma contro una maniera stupida di pensare la guerra e la letteratura»: spassoso, malinconico e scanzonato insieme, potente.
«Uno di quei rari libri talmente belli da spingere il lettore a porsi domande importanti» – The Guardian
Pensa al freddo. Pensa alla paura. Pensa alla merda attaccata ai vestiti. Pensa al buio e pensa alla luce che quando ti affacci fa male agli occhi. Non ha niente a che vedere con quello che succede qui.
Scritto in soli tre giorni durante il conflitto delle Falkland, quasi in presa diretta, Scene da una battaglia sotterranea racconta la guerra di chi non combatte per la patria o per un ideale, ma per la mera sopravvivenza: un gruppo d'imboscati dell'esercito argentino vive sottoterra, in condotti scavati tra le pietre e il fango delle Malvine. Sono «gli armadilli», giovani soldati disillusi che barattano con il nemico informazioni sensibili in cambio di sigarette, zucchero e cibo in scatola: una tribù ironica e disperata al cui vertice c'è il Turco, un libanese con l'anima del mercante, che fa di tutto per accumulare il necessario a resistere là sotto anche molto a lungo. Nel mondo degli armadilli il patriottismo è bandito, i feriti sono «i freddi», e i morti «i gelati» dalle cui tasche può sempre uscire qualcosa di utile. Nella brutale materialità che governa questa armata senza bandiera, però, non mancano i sogni, l'immaginazione, la voglia di vivere più forte del freddo, ed è proprio nel buio dei cunicoli che rinascono a volte barlumi di legami umani autentici.
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