L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (1)
recensione di Fazzi, G., L'Indice 1993, n. 7
"La tecnica costruttiva ha portato in questo ultimo trentennio notevoli perfezionamenti al saxofono. Le mille esigenze personali dei demoniaci improvvisatori negri hanno eccitato la fantasia dei costruttori a offrire altrettante risorse meccaniche. Si è stabilita una specie di gara basata sull'iniziativa personale, sui segreti di certi effetti strampalati, su un'assenza totale di metodo: e a questo gioco senza limiti hanno partecipato, oltre agli esecutori, anche i costruttori. molto spesso senza preoccupazioni per la purezza o la bellezza del suono" (Casella-Mortari, "La tecnica dell'orchestrazione contemporanea", Ricordi, 1950). In questi due racconti di Skvorecky - scritti in momenti diversi ("La leggenda Emoke" nel 1963 e "Il sax basso" nel 1967), ma poi presentati insieme dallo stesso Skvorecky nel 1982 con il titolo "Due leggende" - il filo conduttore è invece l'esaltazione di un continuo infrangere le regole, tipico di una musica non convenzionale, dal carattere liberatorio ed eversivo, come è il jazz. Nel breve scritto ad essi premesso, "Red music", l'autore celebra il suo amore proprio per questa musica, che egli ha praticato e che è stata quindi in certo modo una parte della sua vita; ma che è stata anche, soprattutto, cifra della vita di un'intera generazione, in quanto musica negata, osteggiata, proibita, prima dall'ottusa ferocia dei nazisti che avevano invaso la sua terra, poi dalla feroce ottusità di quel regime socialista che alla sua terra era riuscito a togliere molte ricchezze spirituali. E non è un caso che un'altra musica non convenzionale, il rock, sia stato il sottofondo musicale del crollo di quel regime: basti rileggersi le belle pagine che V clav Havel ad essa dedica nel suo "Interrogatorio a distanza" (Garzanti, 1990). Il jazz, ci avverte Svorecky in "Red music", non è semplicemente protesta: "Alla sua base c'è qualcosa di molto più elementare: un 'élan vital', un'esplosiva energia creatrice che, come in ogni vera arte, toglie il respiro e viene percepita anche nel più triste dei blues". Il tono di rivolta che questa musica assume è un qualcosa di secondario che sussiste solo quando quella energia creatrice, quella pura e naturale, antiretorica vitalità che essa rappresenta viene osteggiata e repressa da un qualsiasi regime totalitario. "Gli ideologi del totalitarismo non amano la vita reale (degli altri) perché non ne possono avere il pieno controllo". È per questo che "un'arte popolare o di massa come il jazz diventa protesta di massa".
In questo consiste il carattere "musicale" dei due racconti, nell'utilizzare la musica per meglio sottolineare un'elegante e modulata celebrazione della contraddittoria bellezza del vivere, che meglio si manifesta e si esprime nella stagione della giovinezza, una stagione a cui Skvorecky ha prestato particolare attenzione nelle sue opere. È bene ricordare che i due racconti sono stati scritti in quegli anni sessanta, letterariamente fecondissimi di opere e dibattiti, nei quali viveva l'illusione (assassinata poi dall'invasione sovietica dell'agosto 1968) di una nuova era sociale, politica e letteraria. Gli scrittori cechi che in quegli anni si liberavano dal realismo socialista non potevano non volgersi all'esperienza ricca e profonda dell'avanguardia ceca degli anni venti, soprattutto alla scuola del poetismo che, rivalutando le arti cosiddette minori e in generale tutti gli aspetti più umili e colorati dell'esistenza, aveva cantato la bellezza e la dolcezza del vivere.
L'interesse per tutti gli aspetti della vita, per tutte le esperienze che arricchiscono l'uomo, tema dominante dei due racconti, viene concretizzato in storia attraverso momenti musicali che non solo sono inerenti all'intreccio dei racconti, ma che garantiscono e permettono l'esistenza stessa di essi. La contiguità fra Jazz e attività letteraria è per Skvorecky ovvia: "per me la letteratura è sempre stata come suonare il sax, come cantare la giovinezza quando la giovinezza se ne è ormai definitivamente andata...". Lo scostarsi dalle norme, l'infrangere certe regole. ormai codificate (ma anche, per questo, devitalizzate) sono a un tempo la specificità del suonatore di sax e dello scrittore. Skvorecky elabora il suo materiale linguistico facendo un uso spregiudicato del parlato e organizzando il suo discorso secondo il principio dell'accumulazione e dell'estensione; già Ripellino nel 1963, parlando proprio di "La leggenda Emoke" osservava sull'"Europa Letteraria" come la sua frase abbia l'andamento tipico del blues: scarsa qua è l'importanza dell'intreccio, esile ed evanescente, tutto il ritmo del racconto è giocato sull'addensarsi di significati portanti, che sembrano nascere per un misterioso effetto di contiguità. Il fascino della storia risiede comunque nel fatto che essa non si risolve in una pura costruzione linguistica; nel ritmo della narrazione prendono straordinariamente corpo i tre personaggi principali: la pura ed eterea Emoke, che indossa un traballante e ingenuo misticismo come una sorta di velo delle Grazie, che la difende dalle brutture e dalla volgarità del mondo; il maestro di scuola, simbolo odioso e patetico insieme dell'ottusità di una vita vissuta senza il minimo slancio spirituale, concentrato di stupidità e, quindi, di cattiveria; l'io narrante, vero protagonista del racconto, che alla fine non riesce a vivere quell'esperienza con la forza e l'intensità che ci si aspetterebbe. La storia, ci accorgiamo alla fine, è costruita interamente sulla base del suo punto di vista, egli è una sorta di demiurgo mancato, che racconta di fatto un suo fallimento. Emoke rimane una leggenda, anche, purtroppo, nel senso negativo del termine, visto che egli non riesce a farla diventare esperienza concreta, a farla vivere, la sua "nera silhouette nel finestrino della carrozza" sparisce agitando un bianco braccio, come spariscono tutte le cose del mondo. Perché, dice il narratore nelle prime e nelle ultime righe, luna storia accade e scompare e nessuno la racconta, grazie all'indifferenza, che uccide mille cose belle ma che ci permette di vivere in un mondo dove creature dello stesso sangue muoiono ogni giorno di tubercolosi e di cancro... quell'indifferenza che è la nostra madre, la nostra salvazione, la nostra rovina". La musica sottolinea e scandisce i momenti essenziali della storia, la libertà con cui la si fruisce fa sì per un momento, che le cose acquistino una loro consistenza, una loro autenticità, Poi, tutto svanisce, le persone, labili ed effimere come i suoni, sopravvivono a fatica nel ricordo.
Nel secondo racconto, "Il sax basso" ad attivare la storia è questo strumento, strano, imponente, misterioso. L'io narrante, un giovanetto che vive nella cittadina boema di Kostelec (cittadina inventata da Skvorecky e che ritorna più volte nelle sue opere) al tempo dell'occupazione tedesca, viene letteralmente risucchiato dall'enorme ingombro del sax basso nell'albergo in cui alloggia "Lothar Kinze mit seinem unterhaltungsorchester", quando, nella misteriosa stanza dell'albergo, si concede la voluttà di suonarlo, alla prima nota compaiono, come evocati dal suono, gli incredibili orchestrali, un vero museo degli orrori, impassibili mostruosità fisiche, incubi della guerra, incubi di chi sogna stando al centro della tempesta. Come nel racconto precedente, il punto di vista tutto interno è assolutamente radicalizzato: la lingua sembra formarsi e strutturarsi da sola, secondo scarti e bizzarrie che il narratore non riesce a dominare. Lo stare al centro dell'azione non ci garantisce mai di capire meglio le cose, l'adolescente vive la sua storia nel cuore di un'Europa in cui stanno succedendo cose tremende e orribili, di cui egli non ha percezione; ciò che vede, e che lo cattura, è il sax basso: ma miracolosamente la magia della sua musica fa prima precipitare agli inferi, tra le miserie umane degli orchestrali, poi magicamente la misteriosa figura del suonatore di sax si riprende il suo strumento e gli permette di capire quanto di libero e di tremendo ci sia nella vita. Ancora una volta lo scontro tra autenticità e inautenticità, se non garantisce conoscenza, apre la possibilità di una speranza, la possibilità di un progredire, al di là della nebbia e degli errori, guidati dal quasi inutilizzabile suono del sax basso.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore