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Anno edizione: 2008
Anno edizione: 2013
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Che il mestiere dello storico sia anche quello dell'inquirente già ce l'avevano ricordato in molti, a partire da Carlo Ginzburg per arrivare a David Bidussa. Questo perché la storiografia è anche un campo di battaglia che riprende, sia pure in forma traslata, la dimensione bellica che accompagna i fatti della storia. Il punto critico, il fuoco del conflitto storiografico, è per l'appunto innervato nella declinazione da dare al convalidamento del senso della concretezza: che cos'è vero, verosimile e, parimenti, in un rapporto di reciprocità inversa, mistificato, nel giudizio di fatto (prima ancora che di valore) formulato a distanza dal momento in cui gli accadimenti, di cui si vuole parlare, si sono consumati? Non di meno, il problema ermeneutico è a sua volta innescato dal tema della rilevanza, tanto più in un'epoca di ipetrofia della memoria. Cosa viene prima e cosa dopo nella percezione del proprio passato? Pezzino ritorna su un luogo del delitto, l'eccidio di Sant'Anna di Stazzema, il secondo in ordine di dimensioni tra i numerosi compiuti dai tedeschi durante l'occupazione del nostro paese, per costruire il mosaico dei fatti e quello dei giudizi. Lo fa sulla scorta dei pregiudizi (meglio sarebbe dire dei "postgiudizi") che l'uso pubblico di quegli eventi inesorabilmente trascina con sé. Che Pezzino sia rigoroso è risaputo dai suoi lettori e non ci occorre quindi dire che il suo volume si consiglia come vademecum su una strage nazista che avrebbe precorso, per certi aspetti, la stagione dello stragismo neofascista dei decenni successivi. Aggiungiamo una cosa sola, tra le tante: che in un'epoca di enfasi sui diritti identitari delle minoranze dinanzi alla deriva plebiscitaristica delle maggioranze, la storia assume sempre di più i caratteri di una ricostruzione di pura opportunità.
Claudio Vercelli
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