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Una selezione di racconti brevissimi, che si possono leggere anche senza soluzione di continuità, che ne fa quindi un libro perfetto da leggere un poco alla volta quando non si ha a disposizione tanto tempo da dedicare alla lettura. La scrittura di Sepulveda è estremamente poetica, anche per le storie più tristi e tragiche. Storie che offrono uno spaccato sulle variegate anime che "vivono" il Sud America. Lettura consigliata.
Estremamente dispersivo. Solo alcuni brani salvano il resto.
Quando il libro è così coinvolgente, che quasi non vorresti mai finire non c'è molto da dire! Sepúlveda non delude mai
Recensioni
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«Un grande narratore.» - Tuttolibri-La Stampa
«Eccole. Sono le rose del deserto, le rose di Atacama. Le piante sono sempre lì, sotto la terra salata. Le hanno viste gli antichi indios atacama, e poi gli inca, i conquistatori spagnoli, i soldati della guerra del Pacifico, gli operai del salnitro. Sono sempre lì e fioriscono una volta all'anno.»
Chi sono gli eroi? Chi gli uomini straordinari che i testi scolastici ricordano? Ampie monografie ne parlano, tutti li ammirano e li erigono a modelli. Luis Sepúlveda ci racconta invece la storia di altri uomini: nomi sconosciuti, figure marginali e quasi sempre perdenti, ma con una vita illuminata (o straziata) da un gesto di coraggio straordinario, dalla coerenza e dall'orgoglio con cui hanno affrontato, cercando di opporsi al potere, l'arbitrio e l'ingiustizia. Queste figure vivono e hanno vissuto in varie parti del mondo, luoghi geograficamente lontani (che l'autore ha attraversato nel suo girovagare da esule), ma espressione della violenza da una parte, e del coraggio dall'altra.
Il titolo italiano dato a questa raccolta di storie è anche quello di un capitolo: le rose che arrossano la magica desolazione salmastra del deserto di Atacama sbocciano per un solo giorno, ma la loro bellezza è tale da renderle estremamente preziose, da spingere gli uomini ad attenderne per giorni la fioritura. Nello stesso modo le vite degli uomini e delle donne di cui Sepúlveda parla hanno illuminato per un momento il mondo con la luce delle loro azioni, ma la loro fiaccola non sempre è stata raccolta da altri.
Ci si può sentire fratelli dell'uomo che vive in perfetta armonia con la natura nella selva amazzonica, capace di dividere quel poco che ha con il primo viandante. Con il giovane rifugiato politico che, fuggito dal suo paese, cerca di costruire insieme ad alcuni amici un modello di vita collettiva alternativa, nell'inospitale Patagonia, e che osa sfidare il liberismo imperante (figlio delle dittature cilene e argentine) che sta distruggendo le secolari foreste patagoniche per inviare in Giappone il legno ridotto a segatura. Dall'azione di quel ragazzo, Lucas, è nato il "Progetto Lemu" a difesa della "splendida linea verde accanto alla cordigliera delle Ande australi": forse nessuno ricorderà quel nome, ma l'intera umanità gli deve molto.
E chi conosce il professor Gálvez fuggito ad Amburgo per salvarsi da Pinochet, tenendosi nel cuore l'amore per quella lingua, lo spagnolo, insegnata a generazioni di bambini? E dopo anni, ancora lontano dal Cile e ormai vicino alla morte, parla del sogno di una notte: stava insegnando ai bambini i verbi regolari e al suo risveglio si era trovato le dita "tutte sporche di gesso".
Fratello è anche Vidal, un sindacalista dell'Ecuador, che tiene un'immagine sempre con sé, la fotografia di Greta Garbo, vera reliquia laica, pestato a sangue dai latifondisti per la sua tenace azione contro lo sfruttamento dei contadini. A lui ben può riferirsi la frase di Brecht: "Ci sono uomini che lottano tutta la vita: è di loro che non si può fare a meno".
Ma Sepúlveda ricorda anche i tanti che, nella bellissima Toscana, rischiano ogni giorno la vita (e in tanti muoiono), per pochi soldi, senza nessuna forma di sicurezza, facendo i cavatori: "A me non importa decisamente nulla degli eroi vittoriosi. A me non importa decisamente nulla degli eroi di marmo. Ma mi importa dei cavatori, appesi ad altezze da incubo, schiacciati dal peso, a volte infame, dell'arte".
Ed erano fratelli gli uomini e le donne che, diversi per etnia, popolavano in pace il piccolo paradiso di Lussinpiccolo, "una macchia ocra nel mare Adriatico, davanti alla costa di un paese che un tempo si chiamava Jugoslavia". Erano sloveni, croati, serbi, bosniaci e molti di loro non sono riusciti neppure a capire come sia potuto succedere quello che è poi successo, non hanno capito l'odio etnico, così abilmente manipolato da "imbroglioni e falsi profeti" che ha provocato tanta morte e distruzione.
Tra le ultime, emblematiche figure citate nel libro, è giusto ricordare Jan Palach, torcia umana in difesa della libertà, solitario testimone del coraggio che si oppone all'arbitrio, e una sua poesia, sconosciuta ai più:
Io oso perché
tu osi perché
lui osa perché
noi osiamo perché
voi osate perché
loro non osano.
A cura di Wuz.it
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