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Avevo già amato tantissimo, di Lucia Grassiccia, il precedente romanzo, Elevator. Ma pur avendolo amato davvero a dismisura ed essendoci molto legato, non posso non notare la crescita dell'autrice soprattutto dal punto di vista strutturale, perché la scrittura era e resta altissima. Ed è proprio la nota sulla scrittura che più mi preme, qualcosa secondo me di fondamentale: La ricerca della bellezza in ogni singola frase. Indipendentemente da tutto, Lucia cerca sempre una scrittura che abbia un ritmo, una musica, che abbia anima! Ci sono alcuni passaggi del romanzo che sono proprio belli da leggere ad alta voce lasciandosi trasportare dalla musica, da quel ritmo speciale, e senti riarmonizzarti dentro e non sai nemmeno perché. Questo è il vero mistero della scrittura. Questa è grande letteratura. La rivoluzione dei tarli è un romanzo corale, con molti personaggi e fatico a definirne qualcuno minore, con al suo interno quasi un romanzo nel romanzo, la storia d'amore di Peppe e Bianca, storia, come tutti i personaggi e le situazioni che si vanno via via a incontrare, originalissima. Grandissima attenzione verso la psicologia dei personaggi e la loro interiorità. C'è una ricerca accurata, un profondo indagare l'essere umano in tutto il suo mistero, indagando i personaggi. Tutto condotto con grande pudore. Consiglio con tutto il cuore la lettura di questo libro che nel panorama odierno della narrativa ritengo una preziosa rarità, che meriterebbe di arrivare al grande pubblico...
La letteratura di autori siciliani ha una sua propria autonomia e specificità non regionalistica, per cui si può parlare di “letteratura siciliana”; il capolavoro “Diceria dell'untore” di Bufalino si apre con la descrizione d'un sogno; nel frammento intitolato “Teoria della Sicilia” Manlio Sgalambro afferma: “La volontà di sparire è l'essenza esoterica della Sicilia. (...) La presenza della catastrofe nell'anima siciliana si esprime nei suoi ideali vegetali, nel suo taedium storico, fattispecie del nirvana.” “La rivoluzione dei tarli” è un grande romanzo. Mi ha molto emozionato. Lo dico senza temere l'enfasi. Sembra una partitura musicale, con orchestrazioni corali, pause, diversioni e variazioni, assoli, intermezzi e un crescendo sontuoso. L'elemento irreale e quello realistico sono sempre compresenti, indissolubilmente, perfino nella costruzione dei luoghi e nel riferimento ai tempi tutto sembra molto indistinto, oscillante, sempre sull'orlo d'una catastrofe fisica e metafisica. Nel romanzo l'elemento onirico è di fondamentale importanza, letteralmente, nel costituire l'unità d'una famiglia anche attorno al racconto dei sogni d'ogni membro. "La volontà di sparire" si manifesta nei Tarli con infinite diversioni, con cantilene ipnotiche (le innumerevoli ripetizioni, ad esempio, della b fulminata nell'insegna del bar “Barbarossa”, che diventa non casualmente bararossa), con intermezzi di vertiginosi dialoghi immobili, pietrificati, tra due personaggi che sembrano imbalsamati e parlanti, con mimetismi diffusi che iniziano addirittura sin dallo stesso titolo, con le essenze di bocche e di sessi che cercano soddisfazione; e gli uomini, alla ricerca della pace, d'una sorta di quiete che fermi l'erranza, il randagismo, vengono ostacolati da altri randagi, animali (senz'anima?) in cerca anch'essi di soddisfazione e pace. E su tutto aleggia l'anelito al nirvana, di cui parla Sgalambro, la ricerca del nulla pulsante, senza desiderio e senza scopo.
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