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È il giorno dell'addio in Tunisia. La famiglia si prepara per l'imbarco finale verso la riva lontana. Ogni oggetto riposto nei bauli, ogni luogo, ogni viso reca con sé le coltri del ricordo di tre generazioni sradicate.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Caro lettore ideologizzato, non farti prendere da furori anti o pro-colonialisti quando ti avvicini a questo libro. Qui si parla di una famiglia siciliana che nell'Ottocento scappo' da casa perche' uno di loro fu testimone di un delitto tra banditi, e alla chetichella si fecero trasportare sulle coste tunisine. Comprarono terre vicino Zaghouan, a sud di Tunisi, e da pastori si trasformarono in contadini presso dei territori gestiti da francesi. Ma dopo piu' di un cinquantennio, la terra che li aveva ospitati era diventata indipendente e non voleva piu' ne' il protettorato, ne' i "protettori" ne' chi lavorava per e con loro. Dovettero spendere tutti i dinari accumulati prima che si trasformassero in carta straccia (o cambiarli in franchi, se fossero riusciti a nasconderli ai doganieri) e rientrare alla svelta cosi' come erano arrivati. Ti ricordo che a Tunisi si incontrano ancora oggi dei siciliani - di passaporto francese - che vivono li' da sempre. I loro discendenti parlano italiano e francese, sono colti e piuttosto benestanti. A volte trovano lavoro nei call-center italiani, qualche altro nella presenza industriale e commerciale italiana in quel Paese. Oggi sono pochi, ma all'inizio del XX secolo ce n'erano piu' di 100 mila nella sola capitale. Per saperne di piu' leggiti questo libro, molto bello e ricco di sostanza e sentimento, scritto bene (nonostante la passione dell'autrice per gli aggettivi, magari li avesse eliminati tutti). Scoprirai che coloni e colonizzati contavano l'uno sull'altro, condividevano gli stessi timori ed entusiasmi e qualche volta si votavano agli stessi santi e riti magici. Si dira' che gli ultimi dovevano essere piu' ignoranti, e forse era vero. Ma le bambine arabe sapevano come nascono i bambini quando ancora le siciliane sollevavano tutte le foglie dei cavoli nei campi alla ricerca della verita'.
La Tunisia tra gli anni '50 e '60, un mondo coloniale che si sgretola inesorabilmente. E' il dramma della separazione visto con gli occhi di una ragazzina sul punto di partire insieme alla famiglia verso l'unica vera patria presunta: l'Italia. La riva lontana, la terra perduta nello spazio di tre generazioni, è la terra dell'esilio e nello stesso tempo il paese d'origine che i suoi genitori hanno deciso di ritrovare, costretti dal corso degli eventi. L'automobile scorre veloce verso il porto di Tunisi, mentre l'autrice ripercorre al rallentatore tutti i momenti salienti della sua infanzia. Sono lunghissimi i pensieri del cuore rievocati in pochi attimi alla vista di scorci di paesaggi e luoghi familiari che si sta per lasciare dopo averli scolpiti nella mente in maniera indelebile. E' il percorso di un'emigrazione in senso inverso, uno dei possibili epiloghi dell'emigrazione italiana di fine '800. La traversata verso l'Italia, un vuoto tra due vite sospese e disunite, a cui l'autrice fa spesso riferimento ma di cui non porta più i ricordi, la possiamo immaginare come il taglio netto tra la luce, i colori e le insouciances candide e il grigiore, il feddo e la nebbia reali e immaginati di questa riva che sembra così lontana.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Sul finire dell'Ottocento, l'onda della colonizzazione francese sospinse migliaia di siciliani a emigrare in Tunisia. Fu una strana migrazione. I siciliani venivano a occupare una posizione intermedia, non erano l'élite coloniale, non erano lo strato inferiore della popolazione indigena, si immettevano entro una complessa stratificazione, che non si divideva semplicemente tra colonizzati e colonizzatori, ma conosceva una più ricca gamma di identità etniche e sociali. Già i figli dei primi immigrati nacquero in Tunisia, i nipoti non parlavano più nemmeno l'italiano quando, alla metà degli anni Cinquanta, la raggiunta indipendenza li costrinse a lasciare quella che era ormai la loro vera e unica patria. Uno spicchio un frammento, una tessera di questa perduta epopea - la conquista del deserto, la faticosa cura di nuove e speciali radici umane, strane amicizie e piccoli amori, la scoperta della varietà umana laddove si credeva solo l'uniformità del diverso, il crogiuolo di lingua e di costumi tra i coloni, l'ascolto via via più distratto degli echi attenuati dall'Europa e dall'Italia, la perdita e riconquista della lingua, abitudini alimentari, giochi e modi di passare il tempo - in questo libro di Marinette Pendola, che era nel 1956 una delle ultime bambine tunisine-francesi-siciliane. È il giorno dell'addio in Tunisia. La famiglia si prepara per l'imbarco finale verso la riva lontana. Ogni oggetto riposto nei bauli, ogni luogo, ogni viso reca con sé le coltri del ricordo di tre generazioni sradicate.
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