Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Ritorno alla politica. I magnati fiorentini, 1340-1440 - Christiane Klapisch Zuber - copertina
Ritorno alla politica. I magnati fiorentini, 1340-1440 - Christiane Klapisch Zuber - copertina
Dati e Statistiche
Wishlist Salvato in 4 liste dei desideri
Ritorno alla politica. I magnati fiorentini, 1340-1440
Disponibile in 5 giorni lavorativi
38,00 €
-5% 40,00 €
38,00 € 40,00 € -5%
Disp. in 5 gg lavorativi
Chiudi
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
ibs
38,00 € Spedizione gratuita
disponibile in 5 giorni lavorativi disponibile in 5 giorni lavorativi
Info
Nuovo
Multiservices
40,00 € + 2,50 € Spedizione
disponibile in 5 giorni lavorativi disponibile in 5 giorni lavorativi
Info
Nuovo
Libreria Bortoloso
40,00 € + 6,30 € Spedizione
disponibile in 5 giorni lavorativi disponibile in 5 giorni lavorativi
Info
Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
ibs
38,00 € Spedizione gratuita
disponibile in 5 giorni lavorativi disponibile in 5 giorni lavorativi
Info
Nuovo
Multiservices
40,00 € + 2,50 € Spedizione
disponibile in 5 giorni lavorativi disponibile in 5 giorni lavorativi
Info
Nuovo
Libreria Bortoloso
40,00 € + 6,30 € Spedizione
disponibile in 5 giorni lavorativi disponibile in 5 giorni lavorativi
Info
Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
Chiudi

Tutti i formati ed edizioni

Chiudi
Ritorno alla politica. I magnati fiorentini, 1340-1440 - Christiane Klapisch Zuber - copertina

Descrizione


Alla fine del XIII secolo, numerosi Comuni italiani cercarono di imbrigliare la violenza e l’indisciplina di alcune famiglie aristocratiche e di bandirle dall’attività politica.

A Firenze, l’esclusione di questi lignaggi dichiarati magnatizi fu più volte confermata fino all’età medicea e le misure eccezionali destinate a prevenire e punire i misfatti di questi Grandi furono reiterate e talvolta inasprite. Parallelamente, nel corso del Trecento, il gruppo dirigente del Comune reintegrò nel Popolo – ossia tra i cittadini politicamente attivi – singoli individui o interi gruppi familiari precedentemente estromessi.

Il libro ripercorre le tappe e le modalità di questi “ritorni” che suscitarono delle resistenze e furono il risultato di compromessi tra élite mercantile al potere e magnati. Nel corso di circa un secolo, il Comune fiorentino sperimentò delle strategie di controllo sul comportamento criminale e fazioso dei magnati. In primo luogo, cercò di sfruttare il forte senso di solidarietà familiare nel tentativo di ritorcerlo contro di loro, offrendo anche le possibili vie di fuga dagli stretti vincoli del lignaggio. Poi intervenne anche sui principali segni della loro identità come il nome e le arme, sottoponendoli a uno stretto controllo di natura politica e collocando così l’antico antagonismo tra Popolo e Grandi alle radici dello Stato moderno.

Leggi di più Leggi di meno

Dettagli

2008
1 settembre 2008
464 p., Brossura
9788883343414

Voce della critica

Molti sanno, se non altro per qualche reminiscenza dantesca, che verso la fine del Duecento a Firenze alcuni personaggi ricchi e potenti furono definiti dal regime come "magnati", resi diversi dai popolari nella condizione giuridica (con importanti conseguenze sui processi e sulle pene che subivano) e costretti a prestare garanzia di non turbare la pace pubblica con i loro comportamenti, pagando un pegno in denaro detto "sodamento". Il conflitto sociale e politico che diede origine a tali provvedimenti ha costituito un argomento classico per la storiografia sui comuni lungo tutto il Novecento, studiando il quale gli storici hanno cercato di capire, tra le altre cose, se a dividere la cittadinanza nel basso medioevo fossero state ragioni di classe o di clientela, se il popolo fosse stato spinto dalla necessità di mantenere l'ordine pubblico o avesse voluto semplicemente far fuori nemici politici, se la milizia cittadina fosse definita dalla sola capacità di combattere a cavallo o dal conferimento formale di una dignità cavalleresca.
Meno noto è che la schedatura e la persecuzione dei magnati non finirono con la turbolenta età di Dante, ma continuarono per più di un secolo e mezzo nel variare dei regimi politici fiorentini proseguendo lungo le signorie angioine trecentesche, i vari governi aristocratici e popolari, fino all'installazione della signoria dei Medici e oltre. È questa lunga durata dell'azione antimagnatizia l'oggetto di Ritorno alla politica. I magnati fiorentini 1340-1440, conclusione di decenni di ricerca da parte di Christiane Klapish-Zuber, pubblicata in Francia nel 2006 e ora disponibile in traduzione italiana, una lunga durata che consente di chiarire molti punti relativi a questa vicenda lasciati oscuri dagli studi limitati ai primi anni, molto meno testimoniati dalle fonti.
Il libro ha una struttura canonica e chiara: tre parti (ognuna delle quali articolata in quattro capitoli) dedicate rispettivamente a dar conto di chi erano i magnati (Circoscrivere, definire), di quali azioni promossero i governi contro di loro (Controllare) e, infine, del modo in cui essi reagirono (Adattarsi, inserirsi). Eppure, a dispetto dell'apparente inevitabilità di questa partizione, la differenza rispetto ad altri testi che in tempi più o meno recenti hanno trattato lo stesso tema (come le ricerche di Carole Lansing e di John Najemy) salta all'occhio fin dal principio. Il punto di partenza, infatti, non è l'esposizione di quelle che potremmo chiamare le caratteristiche intrinseche del gruppo magnatizio (possedimenti, struttura familiare, stile di vita), ma la descrizione dell'unico criterio percepito sul lungo periodo dagli stessi giudici fiorentini come necessario per qualificare qualcuno come magnate, ovvero il suo inserimento in una lista ufficiale: una lista scritta per la prima volta nel 1287, rivista e corretta negli anni immediatamente successivi, quando contava una settantina di lignaggi della città e altrettanti del contado, ridotta con decisione attorno agli anni venti del Trecento e poi più lentamente nei decenni successivi, fino a contenere solo pochi nomi. Questa scelta compiuta dall'autrice, spostando il fuoco dai magnati alla loro definizione giuridica, non le impedisce poi, nei capitoli successivi, di indagarne la provenienza, la ricchezza e lo stile di vita, ma in questa indagine è ancora la lista con le sue variazioni diacroniche a fornire le risposte più significative. Seguendola, anche grazie a una limpida tabella in appendice, veniamo a sapere che i magnati del contado provarono, per lo più senza riuscirci, a divenire magnati cittadini, che gli uni e gli altri si impoverirono, e che continuarono sempre a essere presentati come violenti, perché questa violenza era l'aspetto che il regime intendeva colpire.
Per farlo, come emerge nella seconda parte, furono allestite diverse strategie, più o meno forti a seconda dei momenti, ma accomunate dall'idea di prevenire i possibili turbamenti dell'ordine cittadino, vietando ai magnati di andare in alcuni luoghi e costringendoli a prestare garanzie di cui, in caso di disordine, erano responsabili i familiari. Questa attenzione alla corresponsabilità spiega perché le due misure principali adottate nei confronti dei magnati furono, da un lato, il conferimento dello status di popolare a interi casati, che li faceva uscire dal gruppo dei colpiti e, dall'altro, la separazione di uno o più membri dal resto del lignaggio: il fondamento della violenza dei magnati era rinvenuto nella loro lontananza dal popolo e nella solidarietà di lignaggio, fondamento di una potenza privata incompatibile con il bene comune. Di questa solidarietà – come si legge in un capitolo che riporta i risultati di ricerche anticipate e dunque già note al lettore specialista – furono colpiti i segni, ovvero i nomi e gli stemmi di famiglia che chi intendeva usufruire dei benefici dati dalla separazione dal lignaggio doveva abbandonare, creandosene di nuovi.
Di fronte a simili misure emergono alcuni tentativi di resistenza da parte dei magnati, per lo più colti dall'autrice in modo indiretto, grazie a una speciale attenzione: la volontà di serbare memoria delle loro origini disseminando alcune tracce nei nuovi stemmi o la politica matrimoniale, ricostruita minuziosamente nel capitolo XI attraverso il fondo archivistico del Monte delle Doti, orientata a far sposare le figlie femmine ai popolari, ma non i maschi, affinché il nome non si trasmettesse fuori dalla nobiltà. Ma, più che la resistenza, questa terza parte rivela l'adattamento dei magnati alle misure che li colpirono. La maggior parte di loro accettò l'esclusione dagli uffici intrinseci, quelli politici, ripiegando sui non preclusi incarichi amministrativi nel territorio, e soprattutto non volle (o non riuscì a) contestare il pesante intervento che il governo si riservò nel ridisegnare la forma di un elemento privato e intimo come le relazioni familiari. Per quanto tale intervento non era illimitato (alcuni rami "desolidarizzati" si riavvicinarono ai loro parenti, per altri il distacco fu solo formale), con esso "lo stato si arrogava il diritto di esercitare un controllo sulle configurazioni dei gruppi di parentela e si riservava la sanzione dei loro mutamenti ben oltre l'ambiente dei magnati".
L'analisi della lunga esclusione dei magnati rivela insomma come la politica attuata dal comune di Firenze contro di loro fu innovativa, coerente e, per quanto soggetta a variazioni di intensità, sostanzialmente implacabile. In tal modo riuscì a raggiungere gli obiettivi per la quale era stata creata, consistenti nella disarticolazione di quei fattori, primo fra tutti la solidarietà di lignaggio, che rendevano lo stile di vita di alcune famiglie nobili dannoso per la convivenza civile, e nella loro esclusione dal governo comunale (cosa che rende il titolo italiano un po' fuorviante rispetto al Retour à la cité originale).
Questo volume, scritto in uno stile ricco (ben reso dalla traduzione), articolato per temi, che richiede attenzione al lettore ripagandolo con argomenti persuasivi, sembra costituire uno di quei casi in cui il progredire della ricerca abbia modificato in modo sostanziale l'oggetto preso di mira in partenza. Sembra come se Christiane Klapisch Zuber, storica sociale profondamente influenzata dall'antropologia, giustamente famosa per aver esaminato le famiglie e le loro memorie, le genealogie e la loro rappresentazione, partita per studiare le più nobili famiglie fiorentine del basso medioevo, si sia trovata di fronte l'ingombrante presenza di una lunga azione di governo volta alla loro definizione, e a quel punto, invece di evitare l'ostacolo lo abbia affrontato con pervicace curiosità, finendo per dar conto di una vicenda politica che spinge a riprendere l'analisi delle relazioni tra stato e famiglia alle soglie dell'età moderna, perché dimostra come anche certe strutture della parentela possano essere il prodotto di un cambiamento negli equilibri di potere. Giuliano Milani  

Leggi di più Leggi di meno
Chiudi
Aggiunto

L'articolo è stato aggiunto al carrello

Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Chiudi

Chiudi

Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.

Chiudi

Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore