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In questo libro Stendhal si confessa senza remore, quasi infierendo su se stesso, ma senza acredine e così lascia spazio a una sottile ironia, che poi sfocia nel riso nel racconto di quando gli capitò di andare in bianco con una giovane prostituta, che non disprezza, verso la quale poi mostrerà tenerezza, sentimento che si tramuterà in pietà allorché l'età comincerà a incidere su di lei i segni inequivocabili dell'attività svolta. In un solo anno ha un calendario fitto, con impegni, appuntamenti, serate nelle case dei parigini più in vista, dove incontra tantissime persone e per ognuna ha il piacere di tratteggiare un ritratto, non solo fisico, ma soprattutto del carattere, con uno stile quasi giornalistico, essenziale potrei dire, e che però consente di non stancarsi in questa girandola di personaggi, ma di far scorrere le pagine come l'acqua limpida di un torrente di montagna. Si potrebbe pensare a un libro di pettegolezzi, ma non è così; questi sono lasciati ai personaggi minori, ma li ignoriamo, pur se Stendhal lascia al nostro intuito immaginare conversazioni non solo letterarie, ma civettuole in salotti ottocenteschi. E in ogni caso, di qualunque uomo o donna si parli, dietro c'è sempre lui, con la sua sottile ironia, la leggerezza del tratto di penna, il desiderio di essere uno dei protagonisti, mettendo in evidenza più difetti che pregi, insomma fornendo il contenuto di un'amabile confessione fra contrapposizioni, incisi e riflessioni. In contraddizione con il titolo l'unico egotismo è dato dalla sua presenza e nulla trapela della vanità, di quel desiderio di essere al centro di ogni attenzione che invece è propria di alcuni dei personaggi incontrati. Se voleva fare un esame di coscienza, Stendhal ci è riuscito benissimo, e in quelle poche pagine è possibile conoscere di lui più che in una esauriente biografia. Con il cuore in mano lo scrittore francese si consegna ai suoi lettori per conoscere se stesso.
Recensioni
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Scritti mentre attendeva alla stesura del saggio Dell'amore (l'edizione più recente è quella del 2007 di Garzanti), questi Ricordi d'egotismo sono la lente attraverso cui guardare alle passioni, agli interessi, agli innumerevoli incontri, alla minuta cianfrusaglia autobiografica che via via hanno preso corpo nelle opere maggiori di Stendhal. Ottimamente introdotti da Raffaele La Capria (che sulla scrittura della vita non ha mai smesso d'interrogarsi), questa piccola edizione economica è l'occasione buona per ripensare alla scelta di campo operata da Stendhal: una scelta che prevede "la vita innanzi tutto", con tutto il suo portato di verità, e di oscenità (in senso bartesiano), come vessillo contro lo stile inutilmente fiorito che i suoi contemporanei privilegiavano. Qui, per il divertimento sommo del lettore, gettati nell'occasionalità di quella che potrebbe essere una conversazione telefonica, sono enumerati vizi e virtù di personaggi noti all'epoca. Stendhal ne descrive i tipi fisici, i caratteri, i cedimenti, la vanagloria e anche l'eccellenza. Siamo tra il 1821 e il 1832, anni segnati dall'amore non ricambiato per Matilde, vissuto come spasmo continuo, evocazione malinconia mai silente, quasi catatonia affettiva cui però carnale come era Stendhal contrappone una lista dettagliatissima di passioni passeggere, di corpi desiderati, di bellezze contemplate, a volte pure conquistate. Alle avventure galanti si accompagnano lancinanti sospetti: il più frequente, quello di non essere un grande scrittore, di non avere le qualità per avvincere il lettore, di non riuscire ad allontanarsi abbastanza da se stesso. "(
) pochi tra quegli uomini che ho tanto amato. Mi hanno capito. Credo, anzi, che mi trovassero più noioso di chiunque altro; forse non vedevano in me che un esagerato sentimentale". Così esagerato che, proprio su queste basi, con questa struttura a macchie di memoria, Proust ha poi costruito la Recherce.
Camilla Valletti
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