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Revenge è un romanzo di rara intensità che sviscera temi profondi come l'amicizia, la famiglia, l'ispirazione e, soprattutto, il reciproco rapporto di influenza tra arte e vita. Protagoniste sono due artiste, Andrea, una giovane pittrice che insegna all'Università di Hartwood, e Loretta, una scrittrice acclamata in tutto il mondo. La storia segue lo sviluppo della loro amicizia, il graduale intensificarsi della loro intimità mentale e la reciproca comprensione del significato della loro arte. Andrea è tormentata da un malessere viscerale, causato in parte dal pensiero ossessivo e compulsivo della morte del padre. Il suo mondo è un "paesaggio nebbioso" in cui sembra sempre più ardua l'impresa di districare l'ispirazione e trasferirla sulla tela. Le giovano le conversazioni con la scrittrice e i momenti passati a raccontarle ogni aspetto della sua esistenza, in un crescendo di scoperte che accrescono la sua stessa autocoscienza. Allo stesso modo, Loretta penetra nell'interiorità di Andrea, lasciandosi trasportare dalla sua originale sensibilità al punto da confondere l'amica, all'interno dello stesso "paesaggio nebbioso", con il personaggio del suo prossimo romanzo. Con un linguaggio ricercato ed evocativo e con un'attenzione meticolosa ai dettagli più simbolici, Mary Morris conduce il lettore attraverso i labirinti più oscuri delle due psicologie, svelando i loro più intimi anfratti con la stessa lacerante lentezza con cui le due donne si svelano e si scoprono a vicenda. Particolarmente pregevoli sono le descrizioni della pittrice durante i momenti di creazione artistica, nei quali Morris suggerisce la compresenza di sentimenti estatici e distruggenti. I quadri che dipinge raffigurano tutti la sua casa d'infanzia: identici e ripetitivi ma, contemporaneamente, tutti diversi e impercettibilmente sfaccettati. Una metafora efficace per l'arbitrarietà dell'esistenza: una superficie fatta di eventi e di luoghi statici e riconoscibili, i quali rivelano in profondità una complessità e una mutevolezza infinita, modellabile in(de)finitamente come la nostra percezione di essi nel tempo.
Federico Sabatini
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