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A partire dalle pagine del Diario di Leletta d'Isola, la cui casa ha dato riparo e rifugio a partigiani comunisti e monarchici, ad ebrei e sfollati, il professor De Luna ci accompagna tra le montagne piemontesi per farci conoscere i momenti salienti che hanno caratterizzato i venti mesi della Resistenza armata senza la quale non avrebbe potuto esistere la Resistenza civile. Il racconto delle vicissitudini dei protagonisti fa emergere i limiti e le contraddizioni, squisitamente politiche, delle diverse anime che hanno dato vita alla Resistenza, evidenti nelle insurrezioni contro i nazifascisti di Torino e Genova, fino al divieto di sfilare per le vie di Milano liberata alle donne partigiane. Limiti e contraddizioni che caratterizzeranno anche il dibattito e le scelte politiche dell'Italia Repubblicana che, a partire dall'amnistia Togliatti non riesce ancora a fare del tutto i conti con il fascismo e, soprattutto, con la memoria fondamentale della lotta partigiana. ""La morte di quel partigiano a cui i tedeschi strapparono le unghie pochi giorni fa prima di fucilarlo... Linea del fronte sono tutte le strade, dove a una svolta si può trovare un gruppo di fascisti, le retrovie, i prati, i boschi, i sentieri dove cerchiamo di andare nascosti. Cadono dei partigiani, cadono dei fascisti, i giornali tutti i giorni annunziano nuove stragi e la guerra procede lentissima e pesante, come una mostruosa lumaca, che lasci dietro di sé una larga striscia di sangue"" .
Il rischio che prima o poi si presenta nel caso di un mito - e la Resistenza può essere considerata un mito - è che nel trascorrere nel tempo ci sia chi vuole sgretolarne le immagine, per non parlare di molti più altri che, senza arrivare a ciò, pur tuttavia nutrono dubbi su ciò che è accaduto e che viene tramandato. Senza tenere conto dell’atteggiamento negazionista dei seguaci dei vinti di quell’epoca il problema reale è che i più quasi sempre ignorano che cosa sia stata la resistenza, oppure ne hanno una visione ristretta di carattere politico. Credo che se uno vuole comprendere il significato di quel grande movimento che interessò l’Italia più o meno dal settembre del 1943 all’aprile del 1945 dovrebbe leggersi questo interessante saggio di Giovanni De Luna, noto storico salernitano. La Resistenza fu per la prima e forse unica volta un sogno fatto insieme, per cui si combatté e si morì anche, una magia oserei dire di cui nel tempo si è perso il significato, lasciando anzi spazio a pericolose e becere tendenze revisioniste. Certo, non furono tutte rose e fiori, ci furono anche atti esecrabili, ma nel suo insieme la Resistenza è quanto di meglio si sia fatto dopo l’Unità d’Italia. Lo stile di De Luna è gradevole, senza inutili appesantimenti, e la narrazione procede con linearità, poi però, verso la fine, l’autore si lascia prendere dall’entusiasmo e s’incrina un po’ l’obiettività ammirata in precedenza; niente di grave, anche se si avverte chiaramente che lo storico, pur basandosi su fatti e dati concreti, si lascia prendere volentieri la mano.
Nel corso di una recente presentazione del volume, l'Autore, di origini napoletane, ha detto scherzosamente che la vicenda principale di cui esso tratta ricorda la sceneggiata napoletana, con tre personaggi tipici: lui, lei e "il malamente". In effetti i tre personaggi ci sono e sono ben tratteggiati: il carismatico comandante Barbato, leader delle brigate Garibaldi piemontesi; la giovane studentessa Aurelia dei baroni d'Isola, appartenente ad una antica famiglia aristocratica e monarchica cuneese, fervente cattolica ma affascinata da Barbato; il comandante delle brigate nere Novena, responsabile di almeno 185 omicidi. Ma, sebbene ispirata dal diario di Aurelia, detta Leletta (I quaderni nascosti, edizioni SEI), la vicenda di cui il libro tratta si allarga all'intera lotta resistenziale in quell'angolo della provincia Granda che comprende Barge, Bagnolo e la sua frazione Villar dove sorge la villa di Leletta e dei suoi genitori, fino a Cavour e alla vicina valle Pellice. Così compaiono di volta in volta in scena i collaboratori di Barbato e personaggi grandi e piccoli, partigiani, preti e fascisti, che si contendono quella zona e che cercano di sopraffarsi o di sopravvivere nella grande lotta in corso. Ma De Luna è anche bravo a darci un ampio quadro delle forze tedesche, con tanto di nomi di capi e consistenza delle unità militari, quindi del carattere degli occupanti che tanti eccidi compirono in Piemonte (223 nella sola provincia di Torino). La tesi dell'Autore è che, in quella zona del Cuneese, in quei venti drammatici mesi, partigiani e resistenti diversissimi fra loro, come appunto i baroni Isola e il comunista siciliano Barbato e i suoi compagni, convissero felicemente e proficuamente, mettendo da parte divisioni sociali e ideologiche e imparando a stimarsi ed aiutarsi in vista della rinascita del Paese. Una Resistenza "perfetta" appunto, dopo le visioni negative di troppa saggistica recente che l'ha ridotta a pura violenza non diversa da quella fascista.
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