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Nel corso di una recente presentazione del volume, l'Autore, di origini napoletane, ha detto scherzosamente che la vicenda principale di cui esso tratta ricorda la sceneggiata napoletana, con tre personaggi tipici: lui, lei e "il malamente". In effetti i tre personaggi ci sono e sono ben tratteggiati: il carismatico comandante Barbato, leader delle brigate Garibaldi piemontesi; la giovane studentessa Aurelia dei baroni d'Isola, appartenente ad una antica famiglia aristocratica e monarchica cuneese, fervente cattolica ma affascinata da Barbato; il comandante delle brigate nere Novena, responsabile di almeno 185 omicidi. Ma, sebbene ispirata dal diario di Aurelia, detta Leletta (I quaderni nascosti, edizioni SEI), la vicenda di cui il libro tratta si allarga all'intera lotta resistenziale in quell'angolo della provincia Granda che comprende Barge, Bagnolo e la sua frazione Villar dove sorge la villa di Leletta e dei suoi genitori, fino a Cavour e alla vicina valle Pellice. Così compaiono di volta in volta in scena i collaboratori di Barbato e personaggi grandi e piccoli, partigiani, preti e fascisti, che si contendono quella zona e che cercano di sopraffarsi o di sopravvivere nella grande lotta in corso. Ma De Luna è anche bravo a darci un ampio quadro delle forze tedesche, con tanto di nomi di capi e consistenza delle unità militari, quindi del carattere degli occupanti che tanti eccidi compirono in Piemonte (223 nella sola provincia di Torino). La tesi dell'Autore è che, in quella zona del Cuneese, in quei venti drammatici mesi, partigiani e resistenti diversissimi fra loro, come appunto i baroni Isola e il comunista siciliano Barbato e i suoi compagni, convissero felicemente e proficuamente, mettendo da parte divisioni sociali e ideologiche e imparando a stimarsi ed aiutarsi in vista della rinascita del Paese. Una Resistenza "perfetta" appunto, dopo le visioni negative di troppa saggistica recente che l'ha ridotta a pura violenza non diversa da quella fascista.
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