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Quest'opera è probabilmente quella che più tende al Decadentismo, considerati i temi della morte, della corruzione, della decadenza, e più in generale per una chiara e forte presa di posizione nei confronti dei limiti della civiltà moderna. Occorre tenere presente che al riguardo Pascoli ha idee non confuse e ha sempre mantenuto una visione della poesia come di un rifugio sicuro che protegge dal mondo circostante. Questa nuova raccolta, fra l'altro, a differenza di Myricae, che pure è stupenda, è meno frammentaria, è più organica nell'impostazione del messaggio che l'autore intende portare avanti. Del resto nella sua prefazione originaria Pascoli espone il fine dell'opera, riaffermando l'importanza della Natura. La contrapposizione di una vita più a misura d'uomo, semplice e non avulsa dalle sue innate e radicate predisposizioni, senza con ciò invocare una mitica Arcadia, ha il significato di dare una misura alle cose e alle azioni affinché rientrino sempre in un circolo virtuoso di cui l'uomo è parte come artefice e come beneficiario. Un altro tema affrontato è quello del mistero, già presente in Myricae, ma che qui è caratterizzato da maggior approfondimento e da un'esposizione senz'altro più comprensibile. E infine Pascoli delinea un'ulteriore tema che è quello della solidarietà fra tutti gli uomini e lo fa metaforicamente, ma in modo che risulti più facilmente intellegibile, con i versi dei rondoni che soccorrono le rondinelle portando loro da mangiare. Primi poemetti, meno conosciuto di Myricae e di I Canti di Castelvecchio, è una raccolta di notevole valore, che merita di essere letta e che aiuta a comprendere quanto grande sia Giovanni Pascoli.
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