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In Potenza e Bellezza, Elido Fazi racconta due storie parallele. Da un lato, seguendo la parabola di Napoleone e rivelando l'uomo nascosto all'ombra dell'imperatore, denuncia con lucidità e minuzia la follia del potere, che non può mai saziarsi perché si nutre solo di se stesso. Dall'altro, attraverso un ritratto intimo e appassionato delle Marche e della sua gente, evoca la gioia e la pienezza che riceviamo in dono dalla natura, dalla poesia, dall'arte, e che dovremmo custodire come il nostro tesoro più prezioso.
«Questa è la storia di Monaldo e Costantino, Giacomo e Giacomino, dell'ascesa e del declino di Napoleone I e Gioacchino.»
In un'afosa giornata di luglio del 1796, a Bologna, due uomini s'incontrano per combinare un matrimonio. Il primo è Costantino, un inquieto agricoltore del Piceno, che oltre a essere sensale di nozze produce fucili e sciabole. Il secondo è Monaldo, giovane conte di Recanati, mite e ben educato, che aspira solo a metter su famiglia e a coltivare i suoi studi. Intanto la città è in fermento per l'arrivo di un certo Bonaparte, il "generalino francese" che a soli 26 anni ha già sconfitto i Piemontesi e gli Austriaci. L'Italia è fragile e divisa, e dietro alla bandiera della "Libertà" si cela il desiderio di conquista dell'ennesimo invasore straniero. Quanto tempo passerà prima che i Francesi arrivino anche nelle Marche? E chi difenderà il papa? Costantino è pronto a imbracciare le armi e già si prepara ad arruolare un piccolo esercito di insorgenti tra i montanari delle sue terre. Monaldo invece è più cauto: da poco è entrato a far parte del Consiglio Comunale di Recanati e il suo primo desiderio è quello di salvaguardare la sua famiglia e la sua città. Ma la Storia travolge tutto e tutti. Mentre la guerra infuria in Europa, sconvolgendone l'assetto politico, la quiete delle Marche è scossa insieme agli animi dei suoi abitanti. Tra questi anche i figli di Costantino e Monaldo, che condividono lo stesso nome di battesimo. Il primo Giacomo, ardimentoso come il padre, ne seguirà le orme entrando nella resistenza, mentre il secondo, geniale fin dall'infanzia, è destinato a lasciare il segno nella letteratura italiana e nel pensiero politico del suo tempo... In Potenza e Bellezza, Elido Fazi racconta due storie parallele. Da un lato, seguendo la parabola di Napoleone e rivelando l'uomo nascosto all'ombra dell'imperatore, denuncia con lucidità e minuzia la follia del potere, che non può mai saziarsi perché si nutre solo di se stesso. Dall'altro, attraverso un ritratto intimo e appassionato delle Marche e della sua gente, evoca la gioia e la pienezza che riceviamo in dono dalla natura, dalla poesia, dall'arte, e che dovremmo custodire come il nostro tesoro più prezioso. Perché, come scrive Giacomo Leopardi a soli 17 anni, nell'Orazione per la Liberazione del Piceno, «se questo fosse vero, e cioè che il paradigma per valutare la felicità degli Stati è la Bellezza e non la Potenza, probabilmente non esisterebbe al mondo un popolo più felice di quello degli Italiani».
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Purtroppo non sono riuscita a finirlo né ad apprezzarlo, la narrazione non mi ha coinvolta per niente e l'ho trovato in diversi tratti troppo noioso e prolisso. Non lo consiglierei!
Romanzo storico molto interessante in cui le descrizioni permettono d'immergersi nell'epoca Napoleonica.
“Ahi serva Italia, di dolore ostello”, inizia con questa invettiva un verso del VI canto del Purgatorio nella Divina Commedia; quando Dante Alighieri scrisse la sua famosa opera era a cavallo fra il XIII e il XIV secolo e la decadenza dell’Italia, divisa in tanti staterelli, era sotto gli occhi di tutti. Anche sul finire del XVIII secolo la situazione non era cambiata, tanto che di queste divisioni approfittò Napoleone Bonaparte per mettere i suoi artigli sul Bel Paese, promettendo agli italiani una libertà e fraternità che erano intrise dei colori della bandiera francese. Il romanzo storico di Elido Fazi da un lato si occupa dell’ascesa e poi della caduta dell’astro napoleonico, divorato dalla sua stessa sete di potenza, e dall’altro, in parallelo, delle arti, del vivere civile in pace in sintonia e in armonia con se stessi e con la natura, attraverso le storie di Costantino che non ci sta a essere soffocato dal potere francese e del conte Monaldo, pavido, e dedito soprattutto alle letture. Entrambi hanno due figli con lo stesso nome, cioè Giacomo, ma solo uno, l’erede di Monaldo, diventerà famoso non solo in Italia e anche nei secoli a venire. La violenza arrembante del corso che crede in una sua inarrestabile ascesa, che crea il suo stesso mito e poi lo distrugge, aspetti entrambi di una potenza fine a se stessa, e l’intelligenza che cerca di penetrare i misteri del mondo, conoscendo anche meglio se stessi, propri di Giacomo Leopardi, si confrontano a distanza, senza mai incontrarsi, troppo diverse nelle loro caratteristiche la potenza e la bellezza, quest’ultima non dell’aspetto fisico, ma della natura e delle arti. In 432 pagine Fazi riesce a parlarci della parabola del giovane generale corso che, in preda a una sete inestinguibile, sale sempre più in alto alla ricerca del potere per il potere, arrivando a distruggere se stesso, e in contrapposizione della serena e profonda visione della vita del giovane Leopardi.
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