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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2020
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Polvere e acqua presenti quasi in ogni poesia di questo volume di Mario De Santis. Polvere intesa come traccia di esistenza, dissolvimento, eredità del tempo che trascorre; acqua come vortice o palude, tsunami o goccia implacabile. La polvere nell'acqua si scioglie e scompare, ma in qualche misteriosa e irreversibile maniera permane e si trasforma, modificando l'elemento che l'accoglie. Così la poesia: effimera e fragile, però permeante e trasfigurante. Mario De Santis descrive "la ferocia delle cose", "l'irreparabile disastro" della storia, "l'autunno di campagne/ vive di presenze e dispersione", il "vuoto d'energia" degli atti, la "parete senza appigli" su cui ognuno cerca di arrampicarsi e tenersi stretto. Il poeta non dialoga col lettore o con chi attraversa la sua esistenza, ma solo con se stesso: e il suo monologo ha un ritmo narrativo volutamente basso e lento, di oggettiva constatazione, mai disperata, mai ironica. Di "caduta senza fine", come recita il suo ultimo implacabile verso. La casa che abita è vuota, vissuta solo da formiche e insetti ("le case si sa sono merce deperibile"), ma gli sopravviverà perché ha più consistenza di lui ("la polvere/ che adesso finalmente sono", "io sagoma di cenere"); la città è "ottusa" perché esclude e non accetta; l'amore è "un ballo d'api che ha cancellato il sole". De Santis viaggia senza lasciare impronte indelebili, in scenografie continuamente mutanti: Roma, Milano, la Genova del G8. Ma anche Atene, Lisbona, Tel Aviv, Gerusalemme, il manicomio criminale in cui è rinchiusa una madre. Si scontra con immagini di distruzione e morte, terremoti e violenze: "tutto in pasta di fumo e polvere", di "storia senza varco", di bambini improvvisamente resi orfani, di poeti uccisi su una spiaggia: "vere le vittime soltanto, verissimi gli inermi". Trovando solo "ostinazione di folla", solitudine e abbandono. Perché "Ogni persona naviga in sé stessa" e "si respira/ la polvere con altra polvere, che arriverà".
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