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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
La lettura di questo libro fa aprire gli occhi e getta luce, con autorevolezza e grande capacità espositiva, sugli aspetti più controversi del nostro carattere, proponendo una lettura della storia naturale di Homo sapiens al tempo stesso convincente, sorprendente e inaspettata.
«Una teoria che non guarda alla natura come a un alibi, ma al contrario esalta la responsabilità individuale» – La Lettura
«Tra le grandi bizzarrie dell’umanità c’è l’ampiezza dello spettro morale: dalla perfidia più indicibile alla generosità più commovente» Richard Wrangham espone così il nucleo portante di questo suo nuovo, stimolante libro. La domanda che pone è di quelle eterne: fondamentalmente, l’uomo è buono o cattivo? Ha ragione Rousseau col suo «buon selvaggio» oppure Hobbes e il suo «homo homini lupus»? Non è una questione da poco, perché da questo dipende il ruolo delle istituzioni nella società. In altre parole: siamo originariamente buoni, e dunque sono le costrizioni sociali sbagliate a scatenare in noi la violenza? O, al contrario, siamo intrinsecamente cattivi e solo le istituzioni giuste ci inducono a convivere relativamente in pace? Da antropologo, Wrangham attacca il problema dal punto di vista dell’evoluzione e in questo libro risponde con una teoria sorprendente, accattivante, solida e molto ben documentata in anni di studi; una di quelle teorie che possono cambiare un intero campo del sapere. Anzitutto, ci informa Wrangham, «la combinazione di bene e male nell’uomo non è un prodotto della modernità». A giudicare dal comportamento dei cacciatori-raccoglitori di epoca recente e dai reperti archeologici, le persone condividono il cibo, si distribuiscono i compiti e aiutano i bisognosi da centinaia di migliaia di anni, ma le incursioni, il dominio sessuale, le torture e le esecuzioni erano all’ordine del giorno fin dal Pleistocene. Il dato, in pratica, sembra essere naturale e non culturale. La soluzione dell’enigma inizia a delinearsi distinguendo tra due tipi fondamentalmente diversi di violenza: quella «reattiva», a caldo, istintuale, e quella «proattiva», pianificata, a freddo. Noi umani siamo ben poco reattivi istintivamente, e dunque tolleranti tra di noi, molto più di altre specie, ma siamo anche in grado di pianificare freddamente guerre e atti efferati di ogni tipo. Insomma, siamo sia buoni sia cattivi, ma in ambiti differenti. La domanda era mal posta. Ma com’è possibile che si sia evoluto questo comportamento divergente? Basandosi sulla comparazione con i nostri cugini più stretti, gorilla, bonobo e scimpanzé, e sullo studio dei diversi popoli, Wrangham espone il suo «colpo d’ala», proponendo che ci siamo «autodomesticati». Proprio come il cane, così mansueto, deriva dal lupo, tanto temuto, anche noi abbiamo selezionato in noi stessi la mansuetudine, tenendo intatta però la violenza proattiva, che risponde a meccanismi biologici differenti. La lettura di questo libro fa aprire gli occhi e getta luce, con autorevolezza e grande capacità espositiva, sugli aspetti più controversi del nostro carattere, proponendo una lettura della storia naturale di Homo sapiens al tempo stesso convincente, sorprendente e inaspettata.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Questo saggio contiene molto più di quanto non suggerisca titolo e sottotitolo. Tratta anzitutto dell'esistenza di 2 tipi di aggressività, quella proattiva, del soggetto che aggredisce, e quella reattiva, di chi reagisce ad una aggressione, minaccia, provocazione. Di quanto i due tipi di aggressività siano radicalmente diversi, al punto di essere attivati da parti diverse del cervello. Del perché tutti gli animali addomesticati hanno, oltre a particolari caratteristiche fisiche, una aggressività di tipo reattivo inferiore a quella degli esseri non addomesticati. E del perché è corretto considerare l'umanità come una specie (auto)addomesticata, con una aggressività reattiva molto ridotta. Il che, unito ad un linguaggio evoluto, ha favorito la socializzazione e il lavoro di squadra. Ma anche del perché è corretto dire che l'umanità si caratterizza per una aggressività proattiva (indirizzata verso le prede e i rivali) molto elevata, e di come questo abbia, paradossalmente, favorito la diffusione del senso morale. L'esposizione dei concetti è sempre molto chiara, supportata da molti esempi (interessantissimo il confronto fra scimpanzé e bonobi, ma anche le informazioni sui lupi, volpi, leoni, iene, conigli, ...) e riccamente documentata (la sola bibliografia finale è di 50 pagine). La lettura è appassionante, sia per l'esposizione di tanti argomenti usualmente trattati separatamente, oggetto di scienze diverse (neurologia, biologia, paleontologia, antropologia, ...), sia per i collegamenti tra loro, la visione d'insieme che ne risulta che offre un nuovo significato, per me straordinariamente più ricco e sorprendente, del concetto stesso di evoluzione naturale. Impressionanti i progressi delle scienze! Un libro che starebbe benissimo nel programma di studi delle scuole medie superiori.
L'autore distingue due tipi di aggressione: "aggressione reattiva" e "aggressione proattiva". La prima è impulsiva e immediata. Risulta una risposta ad una minaccia alla propria persona o alle proprietà come territorio, cibo, compagne ecc. Riguarda principalmente i maschi e raramente sfocia in uccisioni. Pare legata a bassi livelli di serotonina nel cervello e alti livelli di testosterone. È presente in tutti i mammiferi e anche negli altri vertebrati. La seconda di contro è posticipata nel tempo e pianificata (premeditata). Si tratta di un'aggressione a freddo motivata da guadagno o vendetta. Il fine è l'uccisione dell'avversario e viene messa in atto solamente se c'è la certezza di vincere. Tipica è l'aggressione a sorpresa di molti contro pochi. L'aggressività proattiva si riscontra in poche specie di animali, ad esempio lupi, iene e scimpanzé e, in queste specie, è sempre accompagnata da elevata aggressività reattiva.
Libro corposo, ma scorrevole. Piacevolissimi ed interessanti da leggere gli innumerevoli aneddoti riportati riguardanti il comportamento dei gruppi di cacciatori-raccoglitori del passato e contemporanei, nonché degli altri primati. La tesi presentata con tanta passione è che siamo degli animali auto-addomesticati, nella cui evoluzione della morale un ruolo preponderante è stato svolto dalla "violenza proattiva coalizionaria", ossia la pena capitale decisa dagli anziani ai danni di chi non si conformava alle regole del gruppo (estrema sintesi). Tesi affascinante, ma che non so quanto mi abbia convinto. Comunque libro da leggere per chi è interessato al tema della nascita della morale nell'uomo.
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