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Turgenev descrive l'eterno scontro generazionale tra padri e figli. Egli si riferisce alla situazione della Russia prima del 1861, ma tale scontro connota ogni epoca e con tratti spesso comuni: "Sì, prima c'erano gli hegeliani e adesso i nichilisti" spiega Pavel Petrovic e noi lettori, col senno di poi, possiamo affermare che successivamente sono arrivate tante altre rivolte dei giovani contro chi li ha preceduti. Il protagonista è il giovane Eugenij Bazarov che personifica la figura del "nichilista" ovvero, colui che "non rispetta nulla", "non si sottomette davanti ad autorità alcuna e non accetta nessun principio": insomma, egli "si pone di fronte a ogni cosa con un atteggiamento critico" ed afferma di volere negare ogni cosa per "sgombrare lo spazio" e badare solo ai "fatti concreti". Bazarov è sprezzante, cinico, presuntuoso, di un "orgoglio quasi satanico". A lui si contrappone la figura "all'antica" del nobile Ufficiale della Guardia: Pavel Kirsanov, Ma nel romanzo ci sono altre due figure in antitesi: la studiosa positivista Evdoksija Kuksina e Arina, la madre di Bazarov; la prima, donna emancipata dei nuovi tempi, che ringrazia Dio di essere libera e di non avere figli; la seconda, madre superstiziosa, ma soprattutto dolce e amorevole. Ad un certo punto dell'opera Bazarov dice all'amico Arkadij: "Non hai capito che i princìpi non esistono? Esistono le sensazioni, tutto dipende dalle sensazioni." Ora, tale affermazione, se la rapportiamo con il tempo in cui viviamo, mi appare di grande attualità: il nostro è il tempo del trionfo delle "sensazioni" e del sentimento, a cui ogni principio e la stessa ragione si piegano. In fin dei conti, è mai esistita epoca più sentimentalista e nichilista della nostra? Curiosità: nel romanzo trapelano alcuni possibili riferimenti esoterici, come ad esempio le acacie e la dea del Silenzio (la romana Tacita Muta e l'egizia Mertseger): che Turgenev fosse iniziato a qualche società segreta? Consiglio la lettura di questo romanzo.
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