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Il bel viso di Verena Stefan si offre sorridente al lettore di questo libro in realtà drammatico e sofferto, pubblicato dalle edizioni di Luciana Tufani, da sempre intelligentemente schierate dalla parte delle donne. E femminista dichiaratamente lesbica si è definita sin dal suo esordio questa autrice svizzera, trasferitasi presto a Berlino, e poi in Canada, sempre inseguendo con coerenza il suo impegno civile. Ospite estranea di tre diversi paesi (dapprima come cittadina elvetica di padre tedesco mai completamente accettato a Berna, quindi immigrata in Germania e infine a Montreal), Verena Stefan ha fatto del suo sentirsi "altra", straniera, disorientata, un mezzo per meglio riuscire ad esplorare se stessa, le persone intorno, l'ambiente e soprattutto la lingua con cui rapportarsi al mondo. Così l'impatto con la natura sconfinata del Quebec, e lo sforzo di impadronirsi di diversi vocabolari, o di adeguarsi ad abitudini lontane dallo spirito europeo, avrebbe potuto indebolire il suo carattere naturalmente combattivo: se non fosse stato mediato dalla naturalezza espansiva della sua compagna canadese, Lou, e dalla tenera sensualità di lei. Verena, ospite estranea sebbene mai rifiutata di un paese straniero, si è trovata improvvisamente a lottare contro un malefico intruso che tentava di divorarle il corpo. La sua guerra contro il tumore, le lunghe sedute di chemioterapia, il cambiamento osservato nelle parole e nei gesti degli altri, vengono descritti dall'autrice con parole intrise di sofferenza e lucidità. La riscoperta della propria vulnerabilità passa attraverso un nuovo rapporto con l'altro da sé, con l'amata, con il paesaggio, con i ricordi dell'infanzia. Fare spazio a ciò che è estraneo, accettarlo per renderlo da nemico a complice del superamento di ogni negatività, è una lezione che Verena ha imparato sulla sua pelle e saputo trasmettere a chi legge.
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