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Lettura non facile e non per tutti, di certo serve una certa apertura mentale per poter affrontare un autore così complesso, andando anche oltre al linguaggio non molto moderno, una storia che comunque fa riflettere molto
Fatti foste a viver come bruti e per seguir vizio e concupiscenza... Qualcuno dice che, per amore della conoscenza, è una lettura da affrontare. Dice anche che, sul piano letterario e filosofico, è un capolavoro. Io dico che la prima è vera, ma la seconda sfugge alla mia comprensione: "Vieni avanti dunque, sgualdrinella, offri il tuo corpo alle nostre voglie, concedilo tutto intero agli orrori che lo insozzeranno, o le più feroci sevizie ti illustreranno i rischi che una miserabile come te corre disubbidendo." Seguono descrizioni dettagliate e reiterate degli orrori e delle sevizie, ampiamente supportate e giustificate filosoficamente da teorie illuministe estreme. Un'apologia del Male Assoluto lunga settecento pagine, atte a provare quanto seguire la virtù (Justine) piuttosto che il vizio (Juliette), possa essere una scelta dalle conseguenze molto spiacevoli. È un romanzo che sono riuscita in qualche modo ad accogliere - una volta alzata la soglia dell'orrore e dello schifo - e superare per assuefazione e anestetizzamento, ma sul quale non so nemmeno io che giudizio esprimere, dal momento che quando cerco di formularne uno, i pensieri mi vorticano nella testa come una nube elettronica. Non sono in grado né di condannarlo né di assolverlo, sicché sospendo qui aggettivi e avverbi (anche perché non ce ne sono che riescano veramente a rendere), pensieri e tentativi di giudizio aggiungendo solo che, di sicuro, mi ha fatto molto ragionare e sragionare su storia, vita, sessualità e letteratura; fluttuare fra stati d'animo conflittuali e sensazioni forti (soprattutto negative), ma credo, come lettrice e rimurginatrice, di aver sperimentato e capito qualcosa in più e che un giorno, forse, capirò anche cosa. Qualcuno dice anche che de Sade fosse pazzo, ma nemmeno di questo sarei tanto sicura.
Recensioni
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La versione finale di Justine, di cui si ripropone qui una traduzione già apparsa nel 1978 presso Guanda, forma con l'Histoire de Juliette il grande dittico sadiano del 1797-98: un esperimento di scrittura totale in cui la fantasia romanzesca più sfrenata si intreccia alla riflessione filosofica (un radicale ateismo materialistico) e a forti tentazioni pedagogiche (già chiare nella Philosophie dans le Boudoir). Le scene di violenza e di sesso, le raffinate descrizioni di paesaggio e le peripezie narrative: tutto si unifica in nome di quell'"energia" che governa l'universo naturale e di cui la scrittura del romanziere è fedele riflesso ("Come! Vedete che, in natura, tutto è in movimento, e pretendete di affermare che la natura non ha energia!"). Il tema è caratteristico della cultura settecentesca, come quello ancora più antico della sensibilità e del piacere legati alle sollecitazioni dello "spirito animale" che circola nelle cavità dei nervi. Di questo naturalismo, tuttavia, Sade fornisce un'interpretazione estrema, portandolo alle ultime conseguenze sul piano morale e politico: nasce così la sua utopia, il suo sogno di un mondo e una vita assolutamente liberi, dove il "male" si trasforma paradossalmente nell'epifania della verità. All'utopia appartiene del resto il furore classificatorio sadiano, la sua mania di totalità, di chiudere il mondo in un perfetto catalogo: le perversioni e la manie (come nelle Cent vingt journées de Sodome), ma anche i volti e i paesaggi, i casi della vita e i generi letterari (come in Aline et Valcour). È un sogno di precisione che ispira in profondità anche il magnifico francese di Justine, l'eleganza ineguagliata di una lingua e uno stile, destinati a perdersi (irrimediabilmente) nella traduzione italiana. Rinaldo Rinaldi
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