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Di Nicolas Jenson, stampatore francese, approdato a Venezia all'inizio degli anni '70 del XV secolo, e ivi morto nel 1480, circa dieci anni prima dell'arrivo di Aldo Manuzio, ben poco si conosce. Un testamento, una biografia ottocentesca che è un "pot-pourri di erudizione e fantasia", i volumi stampati e un mito, costruito intorno alla sua abilità ed alla perfezione dei suoi caratteri. La scarsità di documentazione ha determinato la struttura del libro, che affronta l'argomento da una prospettiva apparentemente lontana. Per definire la figura di Jenson, Lowry segue l'evoluzione dell'industria tipografica a Venezia, da una struttura di tipo familiare a una organizzazione di genere competitivo, tipico del mondo capitalistico. Delinea il passaggio dalla pagina stampata elegante e ben spaziata a quella dove i caratteri si affastellano per risparmiare spazio a vantaggio del prezzo. In questa evoluzione Jenson, il migliore e più elegante stampatore degli anni '70, giocò un ruolo determinante. Diede subito il massimo della pubblicità alle sue pubblicazioni e s'inserì assai opportunamente nei circoli del potere. Da questi colti e scaltri politici la stampa non solo non fu avversata, ma fu vista come una agevolazione del processo di acculturazione da loro ritenuto necessario all'espansionismo veneziano. Jenson si affermò soprattutto per la sua abilità di incisore, per quel carattere romano che avrebbe rappresentato l'ideale del buon gusto e di purezza nello stile tipografico. Jenson superò la grave crisi che decimò l'editoria veneziana nel 1473, ristrutturando la sua compagnia, associandosi con Johann Raucfas e Peter Ugleheimer e volgendosi alla conquista di un nuovo mercato, quello dell'università e dei testi di diritto. La sua impresa editoriale stabilì standard per tutta l'Europa e gli altri editori e curatori di testi giuridici dovettero conformarsi ai suoi testi. Jenson, afferma Lowry, era importante come simbolo di un mondo dove tutti erano consapevoli di partecipare a un'impresa che avrebbe cambiato la società.
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