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«L'atroce mio dramma si complicò: con la scoperta dei centomila Moscarda ch'io ero.»
Guardandosi come ogni mattina allo specchio, Vitangelo Moscarda, detto Gengè, nota un particolare di cui non si è mai accorto: il maso pende verso destra. Improvvisamente si sente sdoppiato in un altro se stesso, conosciuto solo dallo sguardo altrui. Le cose poi si complicano: Moscarda non è più alle prese con un solo estraneo, bensì con centomila estranei che convivono in lui, secondo la realtà che gli altri gli danno. Nello sfuggire alle proprie centomila realtà, Gengè si troverà a rinnegare perfino se stesso. Con Uno, nessuno e centomila, il suo ultimo romanzo (1925), Pirandello porta all'estremo il processo di scomposizione del personaggio caratteristico della sua narrativa.
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Il suo nome era Vitangelo Moscarda; Per la moglie era Gengé (marito ingenuo e sprovveduto a tratti infantile) e per il resto della popolazione era l’usuraio (giovane disoccupato che vive delle rendite ottenute dalla banca di famiglia) ma chi fosse realmente questo non poteva saperlo perché incapace di osservarsi mentre viveva con spontaneità le sue giornate. Lui si credeva unico, ciononostante nel suo corpo vivevano centomila realtà distinte e di conseguenza distruggerle divenne la sua ambizione per trasformasi finalmente in nessuno. Benché sia all’apparenza una romanzo breve dalla trama piuttosto semplice, questa ennesima fatica di Luigi Pirandello è universalmente (e giustamente) riconosciuta come opera di grande significato e spessore umano. Tuttavia non è una lettura semplice dal momento che la narrazione è introspettiva e stracolma di maniacali riflessioni del protagonista sulla pluralità dell’individuo.1
Lo sgretolamento dell'io originato dallo scoprire di avere il naso storto: quanti io esistono nella mente degli altri, e qual è quello reale fra questi uno, nessuno e centomila? Una delle vette più alte della letteraura mondiale, da leggere assolutamente.
Un capolavoro assoluto di Luigi Pirandello, un romanzo pervaso di genialità e umorismo, in cui viene sviluppata la tematica pirandelliana della frammentazione dell'io. Secondo l'autore l'identità di ognuno non è quella che si pensa di avere guardandosi allo specchio, ma quella che gli altri, usando i propri occhi, ritengono essere la giusta identità. Ognuno di noi può essere visto dagli altri in modo diverso, cioè esistono tanti "io" per quante sono le persone che ci osservano. L'idea è analoga a quella che ha dato vita all'altro romanzo di Pirandello (così è se vi pare) ove è detto che la realtà di tutte le cose può variare a seconda del parere di chi le guarda.
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