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Finalista al Premio Giorgio Scerbanenco 2020
Tullio Avoledo esordisce nel noir con un romanzo vorticosamente appassionante e di grande attualità, che non teme di calarsi nei recessi più oscuri di una società rabbiosa e corrotta.
«Se la vita è un piano inclinato, sul quale la tua caduta si fa sempre più veloce, dev’esserci un momento in cui invece di continuare a rotolare puoi fare uno sforzo e spostarti di lato per cadere dal bordo, giù nell’abisso che cancella ogni colpa»
Sergio Stokar era un buon poliziotto. Forse il migliore a Pista Prima, degradata ma ancora grassa città del Nord-Est. Fino al giorno in cui, senza saperlo, ha pestato i piedi alle persone sbagliate. Così qualcuno l’ha lasciato, mezzo morto, sulla porta dell’ultimo posto in cui avrebbe voluto finire: le Zattere, un complesso di edifici abbandonati dove si è insediata, dandosi proprie leggi, una comunità di immigrati irregolari. Quel rifugio dall’equilibrio fragile e precario – con la sua babele di lingue, razze e odori – normalmente sarebbe un incubo per uno col credo politico di Sergio. Ma è un incubo in cui è costretto a rimanere, adattandosi a nuove regole e a convivere con una realtà che un tempo avrebbe rifiutato. Per poter stare al sicuro, è diventato “lo sceriffo delle Zattere”: mantiene l’ordine, indaga su piccoli reati. Finché un giorno il Consiglio che governa il complesso gli affida un incarico speciale. Alcune ragazze delle Zattere sono state uccise in modo orribile, c’è un assassino in agguato, e solo un poliziotto abile come Sergio può scovarlo, con il suo fiuto e le sue conoscenze, ma soprattutto grazie a un’ostinazione che lo trasforma in un autentico rullo compressore. In un’Italia appena dietro l’angolo – l’Italia di dopodomani, che ci indica con chiarezza dove sta andando il nostro paese – Sergio Stokar deve tornare dal regno dei morti e rimettersi a indagare, frugando nel passato e negli angoli più in ombra della sua città, per scoprire, alla fine, che forse l’indagine è una sola, e che l’orrore si nasconde in luoghi e persone insospettabili. Tutto è legato da un filo. Un filo nero come la notte, rosso come il sangue. Perché in un mondo che ha fatto dell’avidità il suo credo non esistono colpevoli e innocenti, ma solo infinite sfumature di male.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Prima lettura assoluta per me di questo autore. Nel complesso il libro si fa leggere perché la lettura è molto semplice. La trama è abbastanza complessa con un groviglio che non sempre è ben valorizzato. Non un capolavoro ma neanche un libro da lasciare a metà.
Ho letto molti romanzi di Avoledo a partire dall'elenco telefonico di atlantide e mi sono piaciuti quasi tutti, mi è sempre piaciuto lo stile, le atmosfere, le trame intringanti, e, per quanto possa capirne io, direi che sa veramente scrivere. Quindi è con dispiacere che manifesto la delusione per questo nero come la notte, non ci ho trovato quasi nulla degli elementi che mi avevano conquistato in passato, tranne che nelle prime pagine dove pareva promettere qualcosa che poi non ha mantenuto.
che un guazzabuglio di citazioni e volgarità come questo possano portare alla vittoria dello Scerbanenko (!!) che dovrebbe essere dedicato a gialli e/o thriller (cos'è questo ? ... boh, non si sa ...) da l'immediata idea di come funzionino i premi letterari in Italia.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Pista Prima, nordest. Febbraio 2020. Molti chiamano la città Pista Prima per via di un vecchio libro in cui uno scrittore aveva così rinominato la sua, prendendo spunto da George Orwell, un luogo a suo tempo molto vivibile e oggi in crisi (come tanti altri). Il peggior quartiere è un quotidiano esperimento di sopravvivenza, “le Zattere”, piaga bubbone pustola ovvero area di un ricco progetto urbanistico abbandonato e di successivi falliti tentativi di riqualificata speculazione, ormai ecomostro acquisito e lontano dal centro con quattro enormi edifici degradati (uno bruciato), canali nebbiosi, strade dismesse, campi spogli, discariche abusive, viadotti incompiuti, tunnel pericolosi, informali mercati, precari insediamenti ovunque nella sterpaglia, centinaia e centinaia di persone periferiche di tutti i generi, tipi, colori, odori e lingue, funzioni, attività. Niente fognature illuminazione servizi, un mondo a parte con regole proprie e un Consiglio di tre che presiede alcune scelte di convivenza minima fra i migranti irregolari.
Lì si risveglia Sergio Stokar, malmesso fisicamente (neanche più possibilità di sane erezioni) con vaghi ricordi di quel che era e avvenne. Un poco rimesso in sesto da uno strano medico in uno strano ambulatorio, continuando a sognare i trascorsi di alcol droghe sesso, accettano di farlo rimanere incaricato di diventare una specie di sceriffo. Era un poliziotto forte, capace, famoso e molto fascista razzista, prima di sbroccare. Vien presto fuori che sono state atrocemente uccise delle ragazze, fra di loro una splendida prostituta polacca che lui aveva amato. Ci si mette d’impegno per scoprire i colpevoli, per quel che può, con continue incursioni nella vita urbana che conosciamo, fra criminali di tutte le risme collusi con poteri di ogni tipo.
L’ottimo bancario scrittore Tullio Avoledo (Valvasone, provincia di Pordenone, 1957) ancora una volta (dopo quasi una quindicina di romanzi in poco più di 15 anni) affresca un mondo letterario contiguo agli ecosistemi umani reali, cupo e affascinante, compatto e turbinante. In Nero come la notte (524 pagine, 19,90 euro), pubblicato da Marsilio, la narrazione in prima persona è del 50enne derelitto bipolare investigatore che, però, lui stesso (con frequenti corsivi) ricorda confusamente la moglie e il divorzio (poi Maria Luz e Dolores), non distingue chiaramente gli incubi dai pericoli, e soprattutto non conosce bene cosa è accaduto per farlo rinascere come Lazzaro, cosa di vero o falso c’è nella propria testa sul passato e sul presente, chi e perché in vario modo lo manovra, lo attrae e respinge. Non (gli) mancheranno ovviamente incontri sanguinolenti, snuff movies, complotti, stragi. Innumerevoli i personaggi rimarchevoli efficacemente delineati. Del resto, nel prologo (in terza persona) il 31 dicembre 1999 l’Albanese aveva già accoltellato a morte lo Zingaro per costruirsi un futuro.
Per tutti, comunque, del domani non vi è certezza, mentre Sergio tiene almeno fermi il legame verso gli affetti sentimentali e l’odio per l’avidità cinica. Titolo noir (non molto originale) da un verso di Milton per Avoledo (qui un suo articolo per LuciaLibri) per questo romanzo che è il successore di Furland® (ne abbiamo scritto qui). Continui e precisi i tristi riferimenti all’oggi, dai recenti governi della montante marea di merda populista all’ordinanza comunale del 2017 che vieta di dare cibo ai colombi. Ogni tanto appare grappa di qualità, almeno downtown. Suonerie, canzoni e concerti di vario credo politico e musicale.
Recensione di Valerio Calzolaio
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