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2004
24 marzo 2004
216 p., Brossura
9788871984759

Voce della critica

Se il romanzo non fosse stato oggetto, all'uscita sul mercato tedesco, di una complicata vicenda politico-editoriale, lo si potrebbe a buon diritto liquidare in poche battute: una storiella tutto sommato spiritosa, anche se appesantita da divagazioni sapienziali del tutto superflue, una conduzione narrativa abbastanza solida, per quanto lontanissima dalle prove più alte del Walser romanziere (che forse - ci si dovrà decidere ad ammetterlo - è morto appena trentenne nel 1957, dopo il capolavoro dei Matrimoni a Philippsburg), una traduzione di servizio non sempre corretta (una Festschrift, per dirne una, è tradotta con "scritti commemorativi", mentre si tratta di "scritti in onore" di personalità ancora vive e vegete) e non troppo a proprio agio con le malizie del discorso indiretto libero.

E però, si diceva, c'è di più. Al momento della presentazione dell'opera, su Walser gravavano già (alcuni) pesanti sospetti di revisionismo, alimentati dal celebre discorso tenuto nel 1998 in occasione del conferimento del premio della pace patrocinato dagli editori tedeschi. In questa circostanza lo scrittore, con riferimento alle modalità di rappresentazione mediatica del nazismo e del genocidio, aveva invitato a mantenere alta la vigilanza nei confronti dei pericoli di degenerazione della memoria in retorica. La coscienza individuale - aveva detto - è il luogo deputato alla conservazione del ricordo, e deve in quanto tale restare protetta dal rituale tedesco di contrizione sempre più stancamente celebrato nei luoghi della discussione pubblica.

Le polemiche suscitate da questo intervento, protrattesi per settimane, furono poi se possibile superate per intensità e vera e propria isteria da quelle provocate, nel maggio di due anni fa, dalla decisione della "Frankfurter Allgemeine Zeitung", il più importante quotidiano tedesco dell'area moderata, di non pubblicare in anteprima, contrariamente agli impegni presi, alcune parti del romanzo. In una lettera aperta, il responsabile della redazione culturale del giornale accusava Morte di un critico di antisemitismo, per avere messo in scena - è questo il nucleo fondamentale dell'intreccio - l'assassinio di un critico letterario chiaramente modellato sul calco di Marcel Reich-Ranicki, l'intellettuale di origine ebraica noto come "il papa delle lettere tedesche", per l'enorme influenza esercitata, anche grazie a una fortunata trasmissione televisiva, sulle sorti di ognilibropubblicato in Germania. Lo scandalo, a cui - come è evidente - sono legati alcuni dei nodi centrali dell'identità tedesca, mise per qualche mese in discussione l'uscita stessa del libro, che la casa editrice Suhrkamp dava segno di voler mandare al macero.

Una lettura più distesa dell'opera ha poi permesso di ridimensionare la portata di quel capo di imputazione francamente assurdo; Morte di un critico non è un romanzo antisemita, i cliché del risentimento antiebraico vengono collocati sul piano prospettico dei singoli personaggi e legittimamente adoperati per caratterizzarne lo stato, ma non vengono mai, nemmeno in modo allusivo o indiretto, fatti propri dall'autore. Questo, ovviamente, non rende il romanzo migliore di quel che è: una satira ora molto divertente, ora soltanto stucchevole, dei tic di quell'ambiente al confine tra mondanità e letteratura, attivo soprattutto nell'organizzazione di serate in terrazza. Da noi un Arbasino fa la stessa cosa in modo più brillante e con minor scandalo.

Forse proprio perché non c'erano le condizioni dello scandalo, il curatore ha deciso di fabbricarne uno in sedicesimo. Noi non vogliamo deluderlo, e dunque segnaliamo volentieri che le otto pagine di postfazione sono per buona metà copiate (senza che la trascrizione - &ça va sans dire - sia mai indicata come tale) da una miscellanea di interventi critici sul romanzo apparsa in Germania presso l'editore Hoffmann und Campe nel 2003 (Der Ernstfall, a cura di Dieter Borchmeyer e Helmuth Kiesel). Probabilmente esausto per la fatica della traduzione, Coppellotti ha pensato bene di riposarsi dedicandosi a un patchwork dei saggi raccolti in questo volume che provvidenzialmente gli era capitato per le mani. Su un punto, però, egli ha inflessibilmente difeso la propria autonomia intellettuale, non rassegnandosi a parlare con la voce altrui: dove gli studiosi tedeschi scrivono soltanto "Ehrl-König" (il critico protagonista del romanzo), Coppellotti batte il pugno sul tavolo e aggiunge di propria mano "alias l'ebreo Reich-Ranicki".

Già all'indomani del discorso di Walser sulla presentazione della Shoah nei media tedeschi, il curatore ne aveva imbastito un'edizione italiana piuttosto sorprendente, nella quale inneggiava all'oratore come profeta del diritto dei popoli all'autodeterminazione e liberatore della nazione tedesca dalle secche di un anacronistico universalismo di stampo illuministico. Adesso, accuratamente documentatosi sul contenuto delle polemiche che il romanzo ha generato in Germania, Coppellotti deve aver creduto i tempi oramai maturi per l'infrazione dell'ultimo tabù e si è deciso a rendere esplicita la propria interpretazione del testo di Walser attraverso raffinate osservazioni di fisiognomica disseminate un po' ovunque (per esempio: "Ehrl-König, alias l'ebreo Marcel Reich-Ranicki, è affetto da blesità e per difetto dell'apparato di fonazione non riesce a pronunciare un certo numero di consonanti. Ne scaturiscono in tedesco effetti irresistibilmente comici"). Avremmo preferito che Coppellotti illustrasse la sua lettura dell'opera nella sede deputata a questo scopo, sviluppandola mediante un discorso articolato con il quale sarebbe stato interessante confrontarsi criticamente. Invece ci è toccato assistere al triste spettacolo di un plagio.

In conclusione, si può soltanto auspicare che l'imminente uscita dell'ultima prova narrativa di Walser, annunciata da Sugarco, goda di una cura migliore.

Giuliano Abate

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Conosci l'autore

Martin Walser

1927, Wasserburg

Martin Walser è stato uno scrittore tedesco. Esordì nel Gruppo 47. Dopo un inizio secondo schemi narrativi collaudati in Un aeroplano sopra la casa (Ein Flugzeug über dem Haus, 1955) e Matrimoni a Philippsburg (Ehen in Philippsburg, 1957), Walser si rivela narratore originale e inconfondibile in Dopo l’intervallo (Halbzeit, 1960). Il suo protagonista, ciarliero assertore e vittima della società dei consumi, sarà al centro di altri due romanzi, L’unicorno (Das Einhorn, 1966) e La caduta (Der Sturz, 1973). Le prose successive (Al di là dell’amore, Jenseits der Liebe, 1976; Un cavallo in fuga, Ein fliehendes Pferd, 1978; Lavoro dell’anima, Seelenarbeit, 1979; La casa dei cigni, Das Schwanenhaus, 1980) rappresentano storie di uomini...

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