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Resterò con l'amarezza di aver letto uno dei più grandi libri potenziali che la storia della letteratura abbia mai offerto, perché "Il Monte Analogo" di Daumal, nelle poche pagine che ci sono rimaste, lascia presagire qualcosa di grande e intenso, un sicuro capolavoro di narrativa. Da leggere e rileggere, non solo per il sostrato filosofico ma anche per la limpidezza dello stile e l'equilibro della prosa.
Fino a che punto questo romanzo – purtroppo incompiuto – è rappresentativo della letteratura di montagna? Vero è che nei primi capitoli, quando gli animatori della spedizione si incontrano, abbiamo vere descrizioni di amore per la montagna, per l’alpinismo, per le scalate. E non è problematico il fatto che il Monte Analogo abbia una valenza simbolica: la montagna, dalla Bibbia in poi, ha sempre assunto un’immagine che andasse oltre la sola sfida sportiva o di esplorazione. Contemporaneo di Daumal era Buzzati che ci ha lasciato montagne simboliche ma partendo da un approccio reale: i suoi articoli testimoniano la sua passione per la camminata in montagna e la sua frequentazione – e ammirazione – per guide e alpinisti. Quest'edizione appena uscita è rivista e ampliata. Ottimo libro che consiglio.
Secondo l'autore: “In primo luogo, il Monte Analogo deve essere molto più alto delle più alte montagne finora conosciute. La sua vetta deve essere inaccessibile con i mezzi finora conosciuti. Ma, in secondo luogo, la sua base deve essere accessibile per noi, e le sue pendici più basse devono essere già abitate da esseri umani simili a noi, giacché esso è la via che unisce effettivamente il nostro regno umano attuale a regioni superiori.”
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