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Il millennio - con la emme minuscola - non è niente. Come passaggio imminente, il Duemila sarà solo il movimento da un giorno all'altro, un qualsiasi capodanno; come arco di tempo futuro, del millennio che concretamente verrà sappiamo assai poco e poco ci interessa sapere; come arco di tempo passato, il millennio trascorso riguarda i cultori di storia, al massimo i lettori di manuali scolastici. Ma accanto a questo, che è il significato più ovvio, resta quello più pregnante: il Millennio - con la emme maiuscola - è la speranza, è il punto d'attesa tra i nostri anni e quelli successivi.Così è stato dei passaggi d'epoca in età antica, già prima dell'avvento del calendario cristiano. Babilonesi ed Egizi, Sumèri ed Ebrei, Greci e Romani hanno fantasticato su Diluvio ed Età dell'oro, fino a prospettare, alle soglie dell'era cristiana, l'idea catartica dell'Apocalisse. Dopo Cristo, il Millennio accende aspettative e tensioni attorno alla nuova età dello Spirito, raccoglie e scatena dispute di teologi e sfide di ribelli. E alla fine, il Millennio si laicizza, fino a prescindere addirittura dal calendario. Chi sarà disposto a riconoscere che il terzo millennio, a rigore, non comincerà nel 2000, ma piuttosto nel più prosaico 2001? Sta di fatto che il millennio del calendario e il Millennio delle speranze stanno di nuovo per coincidere. La seconda dimensione non emoziona più; se mai, calata la fiducia nelle «magnifiche sorti e progressive», si sospetta piuttosto di un futuro che aggravi, nel breve periodo, alcuni effetti nefasti dello sviluppo. Pure, bisogna difendere il Millennio, come speranza di vedere dissolte ingiustizie e illibertà. Se amarezze e delusioni sono radicate in ciascuno di noi, la sperata rigenerazione è affidata a un Nuovo Tempo. Come ansia di trasformazione - che c'è stata e rimane - il Millennio supera l'isolamento nel presente, rifiuta di accontentarsene, unisce ideale e coscienza critica.
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