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Milena Jesenska - Alena Wagnerova - copertina
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Milena Jesenska - Alena Wagnerova - copertina
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Descrizione


L’esistenza ricca e travagliata della Jesenská, nota come la destinataria di molte lettere di Kafka, ripercorsa in una documentatissima biografia, basata su ricerche accurate e colloqui con gli ultimi sopravvissuti che l’avevano personalmente conosciuta.
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Dettagli

2004
15 maggio 2004
184 p.
9788877684073

Voce della critica

C'è qualcosa di strano e affascinante nelle biografie, ed è legato probabilmente al fatto che il più delle volte esse trasformano la vita in racconto, selezionano e ricompongono frammenti in un tutto unico e compatto e tracciano così un percorso. Questa biografia ha poi una sua specificità, perché colei di cui si narra, Milena Jesenská, ha già inconsapevolmente abitato da protagonista le pagine di un particolare "romanzo" d'amore, quelle stupende lettere che Kafka le scrisse dal 1920 al 1923, e che pubblicate da Willy Haas nel '52, doppiamente postume, come Lettere a Milena, rappresentano la via sghemba attraverso la quale è toccato a Milena d'entrare nella storia della letteratura. Ma se nelle Lettere Milena non è che un nome femminile, evocato ma distante, di una distanza che diverrà sempre più difficile colmare, e se, nell'assenza delle risposte di lei a Kafka mai più rinvenute, resta persona tutta da immaginare, in questa biografia finalmente acquista un volto: il volto chiaro, dallo sguardo diretto e sicuro della foto-ritratto in copertina, e un corpo, una storia.

Nel procedere cronologico della biografia - che per altro Wagnerová conduce con uno stile asciutto e di piacevole lettura - è inevitabile che sia la storia ad assumere una certa predominanza; a perdersi è forse la centralità, che pure l'autrice qua e là suggerisce, del tema del corpo. Una storia parallela a quella degli "eventi", ma non meno interessante, perché ci porta vicini alla radice profonda di alcune delle contraddizioni di cui si carica questa figura, attorno alla quale si addensarono da un lato delle semi-leggende (il "mito Milena"), dall'altro ogni sorta di maldicenza, dalla presunta cleptomania, alla "leggerezza", alla tossicodipendenza. Il corpo e lo sguardo di Milena (che alcune altre foto raccontano in momenti diversi) portano inscritti, nel loro mutare negli anni, sia l'alterna fortuna - dall'agiatezza borghese dell'infanzia a Praga, alla povertà della bohéme, con Polak, al ritrovato agio accanto al secondo marito, l'architetto d'avanguardia Krejcar, alla miseria che segna il periodo "comunista" semi-clandestino - sia il suo singolare destino.

Di sicure capacità - Kafka, apprezzandone la musicalità della prosa, le affidò la traduzione in ceco del Fuochista - diplomata nel primo ginnasio femminile dell'Impero d'Austria, Milena ci appare coraggiosamente emancipata e sempre impetuosamente alla ricerca di una felicità privata ma aperta al mondo. Questa vitalità, che la porterà a veementi passioni, allo scontro col padre, a un tentativo di suicidio, all'internamento in una casa di cura mentale, sarà la stessa a renderle intollerabile - a lei, giovane, dinamica, bella - l'infermità sopraggiunta a causa di un'artrite e quella "gamba brutta, nera, enfia, (...) orribile", che pure non le impedì una nuova passione, un intenso impegno come attivista politica e giornalista, un continuo adoperarsi per gli altri. Il suo corpo porta anche incisa l'ultima tragedia, sua e d'Europa: Milena muore in lager il 17 maggio 1944.

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