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Menti animali - Donald R. Griffin - copertina
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Menti animali - Donald R. Griffin - copertina
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Descrizione


Un piviere finge di avere un'ala spezzata per farsi inseguire, allontanando così un predatore dal nido. Un cercopiteco verde grida "al lupo" per ingannare i propri vicini. Una lontra utilizza una pietra per aprire gusci di molluschi. Comunicando fra loro, usando strumenti, attuando tattiche e strategie, gli animali spesso danno prova di quello che a noi appare come un comportamento consapevole, persino calcolato. L'autore, in questo libro, propone una sua tesi sul comportamento animale.
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Dettagli

1999
4 marzo 1999
398 p.
9788833911632

Voce della critica


recensioni di Oliverio, A. L'Indice del 1999, n. 12

Il nome di Donald Griffin è molto noto a quanti praticano un approccio comparato al comportamento e a quanti si propongono di indagare sulle radici biologico-evolutive della coscienza. Nel corso di una lunga e fruttuosa carriera scientifica Griffin ha condotto una serie di studi empirici sull'orientamento spaziale del pipistrello, un mammifero alato che si muove sia grazie alle sensazioni che dipendono da un raffinato meccanismo sonar, sia attraverso l'elaborazione di mappe spaziali che rappresentano, al di fuori del riscontro dei sensi, un ambiente già noto. Questi animali, che, come quelli di tante altre specie, sono in grado di elaborare una complessa mappa spaziale decontestualizzata, vale a dire legata a schemi mentali frutto di passate esperienze, hanno suggerito a Griffin che numerosi aspetti del comportamento animale siano qualitativamente simili a quelli umani, coscienza e autocoscienza compresa, come indicano, ad esempio, alcuni studi condotti su giovani scimpanzé che mostrano come questi primati si riconoscano allo specchio, tra l'altro notando una macchia di vernice che lo sperimentatore ha tracciato sul loro volto.
Griffin raccoglie da anni una massiccia documentazione sui diversi aspetti del comportamento animale, da quelli cognitivi a quelli sociali, a quelli che parlano appunto dei rudimenti della coscienza e dell'autocoscienza. Questa sua posizione è abbastanza nuova in termini di approcci comparati al comportamento: sino a non molti anni or sono, la tradizionale ottica comparata era prevalentemente improntata alle concezioni del comportamentismo e mirava soprattutto ad appurare strategie dell'apprendimento legate alla soluzione di problemi attraverso forme di comportamento operante. Questi approcci, indubbiamente meno impegnativi rispetto a posizioni che guardassero alla pienezza della mente animale anziché a più circoscritte strategie cognitive, miravano soprattutto a definire le caratteristiche e i limiti di una intelligenza che riguardava principalmente la capacità di associare un particolare stimolo a un rinforzo, di generalizzare un'esperienza o, nel caso degli ancor discussi esperimenti sul "linguaggio" degli scimpanzé, di manipolare simboli come avviene nel linguaggio umano. Griffin ha invece affrontato, anche attraverso la promozione di alcuni convegni che hanno lasciato il segno nella storia della ricerca in psicologia comparata, il tema della mente animale dal punto di vista delle funzioni cognitive e di temi quali le interazioni sociali, la trasmissione culturale, l'uso di strumenti, la coscienza, l'autocoscienza.
Temi tutti molto chiaramente illustrati in questo bel saggio, estremamente documentato ma anche scritto in modo piacevole, tale da suscitare l'empatia del lettore nei riguardi delle menti animali, spesso dotate di caratteristiche che inquietano per la loro vicinanza alle menti umane. Uno dei pregi di Menti animali è quello di indicare le continuità ma anche le discontinuità filogenetiche, ciò che accomuna ma anche ciò che rende diverse le varie specie animali: il lettore non viene mai trascinato sul piano dell'analogia o del facile antropomorfismo, trappole che si presentano nel momento in cui vengono notate numerose convergenze tra la curiosità, la trasmissione culturale, la creatività, le emozioni, i comportamenti sociali e, più in generale, una serie di processi mentali evidenti nel regno animale. Griffin non presta agli animali categorie umane e agli esseri umani condotte animali. Le differenze tra omologia (una comune storia naturale) e analogia (la realizzazione di una simile funzione attraverso diversi meccanismi e strategie) sono sempre ben chiare all'autore di Menti animali: il suo atteggiamento è quello di descrivere una storia naturale della mente che metta in luce un processo evolutivo, diverse strategie, e che infine indichi come numerose particolarità della mente umana abbiano radici antiche ma anche come esistano diversi modi di porsi nei confronti della realtà, di svolgere funzioni mentali, di arrivare alla coscienza. In tal senso il saggio di Griffin va ben oltre il campo specifico della psicologia comparata per investire alcuni problemi di filosofia delle mente.
Suggestionato dalle idee di Griffin, Thomas Nagel indicava nel 1980 l'irriducibilità delle esperienze in prima persona - e l'impossibilità di conoscerle in terza persona attraverso le neuroscienze o le teorie computazionali della mente proposte da Jerry Fodor e da altri filosofi. Nel suo saggio What is like to be a bat? Nagel sostiene che nessuna forma di descrizione può aiutare a comprendere cosa significhi essere un'entità animale che, come appunto indica Griffin, percepisce il mondo circostante a mezzo della produzione di ultrasuoni e di un meccanismo simile al sonar. Per Nagel l'esperienza conscia è dunque ciò che significa per un organismo essere un organismo: è impossibile ridurre le esperienze soggettive nel linguaggio della terza persona, ad esempio affermare che un'emozione consiste nell'attivazione di un nucleo del sistema limbico, se questo tipo di riduzione è possibile dal punto di vista della logica ma non implica la coscienza: altrimenti, continua Nagel, saremmo come zombie che si comportano più o meno normalmente ma non hanno esperienza conscia, e una teoria delle coscienza dovrebbe consentire una distinzione tra noi e gli zombie. Nell'esempio del pipistrello egli sostiene che quest'esperienza non può essere assimilata all'immaginazione o a estrapolazioni basate sulle nostre esperienze: non saremo mai in grado di conoscere la mente degli animali o quella altrui e non avremo mai un linguaggio appropriato per descrivere l'esperienza soggettiva, i cosiddetti qualia. Nagel ammette che esiste una molteplicità di punti di vista e che, anche se quello riduzionistico contribuisce alla conoscenza, il punto di vista soggettivo è fondamentale e irriducibile.
Un altro filosofo della mente, Flanagan, si trova a metà strada tra le posizioni di Nagel e quelle dei fautori di un totale riduzionismo del mentale al cervello. Flanagan è d'accordo col fatto che nessun linguaggio neuroscientifico possa "apprezzare cosa significa essere me stesso", perché questa esperienza è aperta soltanto a se stessi e la fisiologia del cervello è soltanto una descrizione: tuttavia, il fatto che esistano due diversi sistemi di accesso epistemici, quello in prima e quello in terza persona, "non esclude la speranza del naturalista di isolare delle proprietà specifiche che sono alla base delle esperienze in prima persona". Il saggio di Griffin presenta indubbiamente un corpus di osservazioni, evidenze sperimentali e teorie che rafforzano la posizione naturalistica in quanto contribuiscono a gettare le fondamenta e a raccontare la storia naturale della mente umana: al tempo stesso tutte queste conoscenze comparate indicano che le posizioni di Nagel sottolineano un indubbio aspetto dell'esperienza mentale, quello di una soggettività che passa, oltre che dalla singola storia esperienziale, anche attraverso la diversità delle strutture corporee e cerebrali. Nagel sottolinea che non comprenderemo mai cosa significhi essere un pipistrello, Griffin indica che sappiamo come si possa esserlo, e che possiamo descriverne le particolarità, i lati che ci accomunano e che ci dividono dalle altre specie. Possiamo perciò forse tracciare una storia naturale della coscienza, ma ben difficilmente inoltrarci sul terreno dei significati.

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La recensione di IBS

Continuando l'opera innovatrice intrapresa con i precedenti libri, Griffin raccoglie tutto quel che si sa sulla cognizione animale: attinge alle ricerche degli ultimi anni sul comportamento animale, alla filosofia della mente e alla scienza cognitiva per allargare la nostra comprensione della natura e delle capacità della mente animale. Prendendo ad esempio varie specie, dalle api ai delfini e agli scimpanzé, l'autore ci illustra i comportamenti riguardanti la ricerca del cibo, le strategie predatorie, la costruzione di artefatti, l'impiego di utensili, oltre che la psicologia sperimentale della cognizione animale. Riporta inoltre esempi di comunicazione vocale e simbolica, che aprono una interessante finestra sui pensieri e sui sentimenti, nonché sulla complessità organizzativa delle loro società.

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