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Libro scorrevole e non troppo impegnativo che descrive i personaggi principali del brigantaggio toscano. Lo stile narrativo mantiene l'aura di leggenda e di mistero che riveste ancora oggi i protagonisti di questo libro, che di certo non erano dei nostrani Robin Hood.
La quarta di copertina si conclude con una frase ad effetto: “… tutti i briganti della Toscana, che qui disegnano una mappa leggendaria della rivolta e della lotta contro l’autorità costituita”. Dunque tutti Robin Hood o quasi. Niente di meno vero. Va accolto con indulgenza il tentativo di catturare un lettore in più, di questi tempi dobbiamo turarci il naso e accettare qualsiasi mezzo, ma è opportuno mettere le cose in chiaro. I banditi ottocenteschi vengono qui descritti come personaggi miserrimi, desiderosi unicamente di soddisfare le esigenze elementari della fame, del sesso e della vendetta, spesso con una propensione alla violenza gratuita, all’assassinio per tener calda la canna del fucile, contro poveri diavoli colpevoli unicamente di non possedere alcunché degno d’essere rubato. Della rivolta sociale nemmeno l’ombra, tanto che ci risultano quasi più simpatiche le forze dell’ordine, e tiriamo un (vergognoso) respiro di sollievo all’inevitabile conclusione cruenta della vita di ognuno di loro. Venendo al libro, si lascia leggere senza infamia e senza lode, con uno stile semplicissimo ma forse un po’ più scipito del necessario. Risultano alquanto imbarazzanti i tentativi di ammodernamento (l‘utilizzo di termini come storytelling o intelligence, la citazione delle coppie Lennon-McCartney o Jagger-Richards). Non si potrebbe essere più distanti dall’incanto iniziale di Croniche Epafaniche che, a loro volta, non sono eccessivamente distanti dall’irresistibile incanto di Libera nos a Malo di Luigi Meneghello.
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