(Milano 1801 - Castagnola, Lugano, 1869) scrittore e patriota italiano. Discepolo di Romagnosi, nutrì idee repubblicane e federaliste e fu a capo del consiglio di guerra durante le cinque giornate di Milano (1848). Costretto poi all’esilio, si ritirò in Svizzera; decise di astenersi dalla politica attiva per dedicarsi a un’azione educatrice volta a preparare la trasformazione della società civile suscitandone le forze progressive. Nel 1839 aveva fondato «Il Politecnico», il più rilevante periodico culturale del tempo (la prima serie fu pubblicata fino al 1844; una seconda serie uscì dal 1859 al 1868, ma C. la diresse solo fino al 1862); in esso diede grande rilievo ad argomenti di scienza e tecnica, giudicate strumenti dello sviluppo del progresso e del rinnovamento sociale. Saggista di larghi interessi, nei suoi scritti sottolineò la connessione tra conoscenza e impegno civile e tra i diversi settori dell’operare umano. Temi centrali della sua riflessione sono: l’idea del progredire dell’incivilimento, anche attraverso la decadenza e il regresso; il rapporto stato-società civile-individuo; l’opera del capitalismo e il ruolo della borghesia; la funzione dell’intellettuale e la destinazione sociale del sapere. Tra le sue opere si ricordano: Notizie naturali e civili sulla Lombardia (1844), Dell’insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra (1849), Del pensiero come principio di pubblica ricchezza (1859), Psicologia delle menti associate (1859-63), Memorie d’economia pubblica (1860). La sua prosa concreta e precisa riflette una concezione del sapere positivo, sperimentale, antiretorico.