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Anno edizione: 1992
Anno edizione: 2014
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Terminando la lettura del magnifico Jacob von Gunten posso capire appieno il pensiero di Hermann Hesse quando disse: "Se al mondo ci fossero centinaia di migliaia di lettori di Robert Walser esso sarebbe sicuramente un posto migliore". Per leggere questo singolare romanzo, come sottolineò Roberto Calasso, non occorre un'educazione intellettuale bensì un'educazione sentimentale. Se Robert Walser è stato soprattutto uno "scrittore per scrittori" amatissimo dai grandi del '900 di cui lui sicuramente ne rientra a pieno titolo, è perché il lettore ha difficoltà nel leggere ciò che Walser tace. Walser è lo scrittore della Notte, lo scrittore della fuga del pensiero, del taciuto, lo scrittore che con una prosa lineare, semplice, ironica e al contempo poetica e malinconica, racchiude in realtà un Mondo, il mondo dell'invisibile. È lo scrittore della profondità, della libertà, dell'individualità, individualità da ricercare e conseguire non con il successo ma con l'annullamento, con il tendere allo zero assoluto. Ogni persona, anche la più autorevole, è schiava. Schiava del sistema ma soprattutto schiava perché dipendente dal sostegno e dall'approvazione degli altri. Chi non aspira alla gloria, al successo, per Walser quello è il vero individuo libero, colui che rappresenta la perfezione divina perché nella sua invisibilità, nella sua umiltà, è racchiusa la vera grandezza.
Un diario, romanzo di formazione... Sono definizioni parziali e che vanno strette a questo capolavoro in cui non succede praticamente nulla, in cui ci si muove tra il reale e il sogno, in una dimensione senza tempo, guidati da memorie e riflessioni del protagonista, il tutto raccontato in una prosa splendida. A impreziosire il tutto un interessante (e non semplice) saggio di Calasso come postfazione.
Jakob von Gunten arriva all'Istituto Benjamenta dopo essere fuggito da casa per paura di rimanere soffocato dalla superiorità di suo padre. Questo istituto è una scuola strana, in cui c'è "qualcosa di non perfettamente normale", tanto che Jakob è convinto che la scuola sia un imbroglio. Infatti " c'è mancanza di professori, o per meglio dire i signori insegnanti e maestri dormono, oppure sono morti, o solo morti apparenti, o pietrificati; comunque sta di fatto che da loro non ci viene nulla". Cosa si insegna in questo istituto? "Qui non c'è che un'unica lezione ripetuta: 'Come deve comportarsi un ragazzo? L'insegnamento che ci viene impartito consiste sostanzialmente nell'inculcarci pazienza e ubbidienza: due qualità che promettono poco o nessun successo' ". Jakob è consapevole che "nella sua vita futura sarà un magnifico zero, rotondo come una palla". Romanzo complesso, sfuggente, spiazzante, surreale, che non sempre segue un filo logico, ma proprio per questo affascinante. E' stato scritto che " l'Istituto Benjamenta resta come uno dei luoghi memorabili della letteratura del Novecento". In appendice c'è un saggio, molto colto e interessante, di Roberto Calasso.
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