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Giuseppe Catozzella ricostruisce le vicende di Maria Oliverio in un romanzo vivo, mescola documenti e leggenda, rovescia la sua immaginazione nella nostra, disegna dramma famigliare e dramma storico ed evoca l'epica grandezza di una guerra quasi ignorata, una guerra civile combattuta in un mulinare di passione, sangue e speranza, come nella tradizione dei poemi cavallereschi, del melodramma e del cinema americano.
«Al personaggio di Cicilla, sospeso tra storia e leggenda, Giuseppe Catozzella dedica il suo nuovo libro, Italiana, da cui emerge una accurata ricostruzione del cosiddetto "brigantaggio"» - Chiara Fenoglio, la Lettura
Italiana. Una donna italiana. Maria Oliverio, altrimenti conosciuta come Ciccilla, nasce a Casole, nella Sila calabrese, da famiglia poverissima. Dalle strade del paese si sale sulla montagna che è selvaggia, a volte oscura, a volte generosa come una madre. Quelle strade, quei sentieri li imbocca ragazzina quando la sorella maggiore Teresa, tornata a vivere in famiglia, le toglie il letto e il tetto. E quelli sono i sentieri che Maria prende per combattere al fianco di Pietro, brigante e ribelle, diventando presto la prima e unica donna a guidare una banda contro la ferocia dell'esercito regio. Se da una parte Teresa trama contro di lei una incomprensibile tela di odio, dall'altra Pietro la guida dentro l'amore senza risparmiarle la violenza che talora ai maschi piace incidere sul corpo delle donne. Ciccilla passa la giovinezza nei boschi, apprende la grammatica della libertà, legge la natura, impara a conoscere la montagna, a distinguere il giusto dall'ingiusto, e non teme di battersi, sia quando sono in gioco i sentimenti, sia quando è in gioco l'orizzonte ben più ampio di una nuova umanità. Il volo del nibbio, la muta complicità di una lupa, la maestà ferita di un larice, tutto le insegna che si può ricominciare ogni volta daccapo, per conquistarsi un futuro come donna, come rivoluzionaria, come italiana di una nazione che ancora non esiste ma che forse sta nascendo con lei.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'autore ricostruisce la vita di Maria Oliverio, una giovane donna calabrese nota con il soprannome di Ciccilla, che si unì ai briganti nella lotta per rivendicare la libertà dal regno sabaudo e il diritto di essere italiana. Maria è nata in una famiglia numerosa e povera, in cui le donne sono tessitrici e gli uomini si dedicano all'attività agricola. Sia gli uomini che le donne sono sfruttati e obbligati a seguire ogni tipo di imposizione, anche quella di cedere una figlia a chi non ne ha, se viene loro richiesto. Trasferitasi dalla zia per sfuggire all'odio della sorella, Maria impara ad amare la natura e a muoversi tra le montagne della Sila con passo sicuro, apprezzando la sensazione di libertà che se ne ricava. Il tempo scorre, Maria cresce e s'innamora. Nel frattempo, cominciano ad affermarsi tra i cittadini del regno borbonico nuove idee politiche e una voglia di rivalsa e di libertà. Siamo in pieno Risorgimento, gli equilibri politici saltano, anche il sud viene annesso all'Italia, ma tra le montagne è in atto una feroce guerra civile. Maria, ormai divenuta la temibile Ciccilla, sulla quale si diffondono buffe leggende, lotta in prima persona, non solo contro i soldati, ma anche contro la società patriarcale e prevaricatrice. "Italiana" è una storia familiare, ma non solo! Ci descrive con cura la società patriarcale, la fatica di sopravvivere con poco e sottomessi ai "cappelli", cioè ai nobili proprietari terrieri, che sono pronti a cambiar bandiera, pur di esser sempre dalla parte giusta, dalla parte di chi comanda, non perdendo così alcun privilegio. È poi, un un romanzo storico, che ci permette di rivivere i principali eventi di fine Ottocento, ed è infine un inno alla libertà di scelta e un omaggio a una figura femminile, oltraggiata da chiunque, ma coraggiosa e fiera combattente.
Malgrado le sinossi e le recensioni reperibili, per tre quarti il libro non parla quasi di brigantaggio: volendo ambiziosamente parlare d’un pezzo decisivo della storia nazionale, fa invece un’istruttiva raffigurazione della realtà non solo popolare meridionale di età borbonica e risorgimentale. È realistica e dettagliata infatti la rappresentazione della quotidianità d'una famiglia di braccianti-tessitori; interessante pure la visione non semplificata delle gerarchie sociali, con figure intermedie come i “mezzi cappelli”, con differenze di situazione pur all’interno dello stesso ceto, con le scarse ma esistenti possibilità di promozione sociale. In ciò Italiana ha qualcosa a che fare col romanzo storico e sociale del ‘900, ma usa un linguaggio contemporaneo, non ideologico, più intimo. Si parla da subito di “guerra civile italiana” ma anche di una comune storia nazionale, di una domanda di giustizia sociale soddisfatta solo nell’ultimo dopoguerra: insomma il romanzo è frutto di molte letture e ricerche (malgrado qualche anacronismo o svista), e si inserisce con personalità nei dibattiti degli ultimi decenni. Ma un romanzo storico di questo genere ha il dovere di rispettare i fatti o almeno di chiarire dove si è discostato dalle fonti: il finale è suggestivo, coerente col personaggio della protagonista, ma inventato, a tratti inverosimile; il percorso di suo marito, pisacaniano, poi garibaldino tradito e quindi brigante, disegna una parabola perfetta, ma non pare sia stato così lineare. Infine, soprattutto, il linguaggio della protagonista-narratrice, che ha frequentato la scuola elementare, è troppo colto e consapevole: sembra che a parlare non sia la brigantessa figlia di braccianti analfabeti ma una donna di oggi, che lotta per l’affermazione sociale, familiare e politica. La cosa paga in termini artistici, ma rispettare la sua “vera” voce, le sue idee probabilmente più istintive non avrebbe affatto sminuito il suo ruolo, sorprendente, di “antenata di tutti noi”.
Svolto all'epoca del Sud Borbonico e dell'unità d'Italia, il libro narra la storia di Maria, dapprima ragazzina in uno sperduto paesino della Sila dove la miseria, la disperazione costringono la sua famiglia e tutto il paese a vivere in condizione di sfruttamento e disperazione. Le vicissitudini la porteranno a diventare un brigante fornendo lo spaccato di un epoca a metà tra il desiderio di cambiamento e la disillusione, in un'Italia dove "non si era fatta l'Italia". La storia è molto piacevole ma, a parere mio, non è il miglior Catozzella... Ne consiglio comunque la lettura!!!
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ho già avuto modo di dire che le biografie non sono il mio genere preferito, ma anche questa volta mi sono imbattuta in un modo particolare di raccontare la storia di una vita. L’unità d’Italia, le condizioni della popolazione prima, durante e dopo l’arrivo di Garibaldi nel meridione, il brigantaggio con le sue origini e le sue ragioni, sono una pagina della storia del nostro paese tra le più controverse e, per questo, spesso ignorate. Giuseppe Catozzella ci porta proprio in quella che ancora non era l’Italia unita, nelle campagne, dove la gente vedeva nelle camicie rosse la possibilità di riscatto e uguaglianza, la fine della sudditanza ai ricchi padroni da cui veniva sfruttata. Ci racconta la storia di una bambina, che in quel clima cresce e diventa donna, in mezzo alla crudeltà della miseria, che non toglie solo il pane, ma porta via gli affetti e la dignità. Ci mostra fino a che punto l’indigenza o il terrore di ricaderci possono portare a cancellare anche i legami di sangue e rendere perfidi e vendicativi, disposti a sacrificare la propria famiglia pur di non privarsi degli agi. Ci descrive una elite di possidenti e nobili, che cambia faccia con il mutare dell’assetto politico e rimane sempre uguale a se stessa, riportandoci alla memoria le parole del principe Tancredi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Una lezione per l’epoca tristemente italiana, come “Italiana” è Maria Oliverio, che, invece, crede nel cambiamento radicale e lotta perché diventi reale, perché per lei e per quelli come lei, è l’unica possibilità di sopravvivenza.
Il racconto mescola verità storiche documentate alle tante leggende fiorite intorno alla figura di Ciccilla, nome assunto da Maria a capo di un banda di briganti, prendendola per mano da quando, bambina china sui libri, cerca l’emancipazione nella conoscenza, fino a quando, scontratasi per l’ennesima volta con la feroce invidia di chi le sbarra la strada, diventa una donna con una nuova miseria ad attenderla: quella della delusione e della violenza. E’ allora che Maria diventa Ciccilla, sui sentieri impervi della Sila, accompagnata dalla lupa che la segue ovunque, alla conquista di ciò che è “giusto”: “se ho usato un coltello per tagliarmi i capelli e mi sono vestita da uomo non è stato per essere come uno di loro. Se l’ho fatto è stato perché, senza, non mi sarei mai liberata. Senza, sarei rimasta Maria”.
L’autore delinea un periodo storico che non è solo lo sfondo, ma è il vero motore delle azioni dei personaggi, di cui emerge, nel bene e nel male, la profonda complessità della natura dell’animo umano: dalla perfida Teresa, al disperato Pietro che non pare non trovare pace se non nella guerra e nell’ira, a Maria stessa, dipinta dalla gente come “una specie di mostro, mezzo animale e mezzo donna, un essere che portava morte e distruzione, il terrore dei bersaglieri”.
Maria vive e muore sotto gli occhi del lettore, affidando il suo messaggio di speranza e forza, al vento in cui si disperde un grido: ”Italiana”, tanto più potente perché affidato a chi, pur distante e costretto a braccarla, ha conosciuto la sua indole libera e dà a quella parola il suo significato più vero e profondo.
Ho già avuto modo di dire che le biografie non sono il mio genere preferito, ma anche questa volta mi sono imbattuta in un modo particolare di raccontare la storia di una vita. L’unità d’Italia, le condizioni della popolazione prima, durante e dopo l’arrivo di Garibaldi nel meridione, il brigantaggio con le sue origini e le sue ragioni, sono una pagina della storia del nostro paese tra le più controverse e, per questo, spesso ignorate. Giuseppe Catozzella ci porta proprio in quella che ancora non era l’Italia unita, nelle campagne, dove la gente vedeva nelle camicie rosse la possibilità di riscatto e uguaglianza, la fine della sudditanza ai ricchi padroni da cui veniva sfruttata. Ci racconta la storia di una bambina, che in quel clima cresce e diventa donna, in mezzo alla crudeltà della miseria, che non toglie solo il pane, ma porta via gli affetti e la dignità. Ci mostra fino a che punto l’indigenza o il terrore di ricaderci possono portare a cancellare anche i legami di sangue e rendere perfidi e vendicativi, disposti a sacrificare la propria famiglia pur di non privarsi degli agi. Ci descrive una elite di possidenti e nobili, che cambia faccia con il mutare dell’assetto politico e rimane sempre uguale a se stessa, riportandoci alla memoria le parole del principe Tancredi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Una lezione per l’epoca tristemente italiana, come “Italiana” è Maria Oliverio, che, invece, crede nel cambiamento radicale e lotta perché diventi reale, perché per lei e per quelli come lei, è l’unica possibilità di sopravvivenza.
Il racconto mescola verità storiche documentate alle tante leggende fiorite intorno alla figura di Ciccilla, nome assunto da Maria a capo di un banda di briganti, prendendola per mano da quando, bambina china sui libri, cerca l’emancipazione nella conoscenza, fino a quando, scontratasi per l’ennesima volta con la feroce invidia di chi le sbarra la strada, diventa una donna con una nuova miseria ad attenderla: quella della delusione e della violenza. E’ allora che Maria diventa Ciccilla, sui sentieri impervi della Sila, accompagnata dalla lupa che la segue ovunque, alla conquista di ciò che è “giusto”: “se ho usato un coltello per tagliarmi i capelli e mi sono vestita da uomo non è stato per essere come uno di loro. Se l’ho fatto è stato perché, senza, non mi sarei mai liberata. Senza, sarei rimasta Maria”.
L’autore delinea un periodo storico che non è solo lo sfondo, ma è il vero motore delle azioni dei personaggi, di cui emerge, nel bene e nel male, la profonda complessità della natura dell’animo umano: dalla perfida Teresa, al disperato Pietro che non pare non trovare pace se non nella guerra e nell’ira, a Maria stessa, dipinta dalla gente come “una specie di mostro, mezzo animale e mezzo donna, un essere che portava morte e distruzione, il terrore dei bersaglieri”.
Maria vive e muore sotto gli occhi del lettore, affidando il suo messaggio di speranza e forza, al vento in cui si disperde un grido: ”Italiana”, tanto più potente perché affidato a chi, pur distante e costretto a braccarla, ha conosciuto la sua indole libera e dà a quella parola il suo significato più vero e profondo.
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