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In società - Tommaso Landolfi - ebook
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Descrizione


«Io ho una gamba di legno ... Ragion per cui odio le donne»: così esordisce, sfidandoci con la sua voce grottescamente raziocinante, il protagonista di «L’eterna provincia» prima di travolgerci col disegno di una gelida vendetta: farà innamorare di sé alla follia una donna e poi la umilierà con lo strumento della sua stessa menomazione per punire attraverso di lei tutte le donne. Ma al momento decisivo, quando la prescelta – una giovane formosa e bella, segnata da una «sconosciuta ed affiorante pena» – sarà nuda e pudica di fronte a lui, l’imprevedibile accadrà. Nella vita, del resto, tutto è incerto, contraddittorio. Tutto è «a caso». Ogni cosa sembra essere «in margine a se medesima», e persino gli affetti familiari e la letteratura offrono solo irragionevoli appigli, talché in «I due figli di Stefano» allo scrittore che ha appena perso il figlio indesiderato – un «esserino» mostruoso e infernale – non resta che contemplare anche il naufragio del poema drammatico cui era affidata la speranza di sfuggire al «fiato guasto delle realtà quotidiane»; e in «La dea cieca o veggente» la poesia è ridotta a gioco combinatorio, a roulette alla rovescia. «Non domandatemi insomma come sia finita:» si legge a conclusione di «L’eterna provincia» «tutto finisce male».
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Dettagli

Testo in italiano
Tutti i dispositivi (eccetto Kindle) Scopri di più
220 p.
Reflowable
9788845983337

Valutazioni e recensioni

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Marco
Recensioni: 5/5

Bellissima raccolta di racconti. Tommaso Landolfi, a mio parere molto sottovalutato dalla critica italiana, merita ben più attenzione.

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Sandro Gramm. '74
Recensioni: 4/5

Buonissima raccolta di racconti di Landolfi nel pieno della maturità artistica. 13 storie che affrontano varie tematiche, narrate come sempre con stile sublime e mai eguagliato nel nostro paese in tutto il '900 ( a mio avviso solo D'Annunzio e Manganelli possono reggerne il confronto e Michele Mari per gli autori contemporanei). Notevoli le storie sul gioco d'azzardo (demone personale dell'autore e costante tematica in diverse sue opere), il tragico epilogo di uno scrittore tormentato, una studentessa che s'innamora del proprio insegnante-computer, le avventure di uno scrittore con un gatto ed un ragno, il velenosissimo racconto "L'eterna provincia", storia di un uomo con una gamba di legno e il suo amore tormentato, tra romanticismo e misoginia. Le grottesche due veglie funebri di un marito che si ritrova una seconda volta a vegliare la moglie morente, ed infine il vero capolavoro di questa antologia "La dea cieca o veggente", surreale e divertente astrazione intellettuale sull'ispirazione artistica, uno dei racconti più belli di Landolfi, spassoso ma che allo stesso tempo è uno stimolo profondissimo a certe riflessioni sul concetto di arte e sull'ispirazione poetica.

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Roberto Agostini
Recensioni: 5/5

Il destino degli scrittori non deve ingannarci né il biografismo convincerci troppo, ma Dostoevskij giocava e anche Landolfi fu preso dal demone del tavolo verde, oltre che essere stato un magnifico traduttore del russo. In questi racconti antologizzati nel 1962, quasi tutti brevi e lapidari, l'assurdo è quotidiano, secondo il naturale grottesco dello stile landolfiano, che abitua il lettore agli improvvisi scarti di registro e a rivalutare il lessico nella sua ampiezza, come la vita nell'apparente suo ordine e disordine sconfinato. Non stupisce, quindi, che il giocatore chieda al mastro (Dio?)l'esatta portanza della trave cui vuole appendersi, non rinunciando però alla scappatoia (cederà al suo peso?); o che il robot innamorato vada in tilt, e un altro giocatore incontri il Doge, ricchissimo anche oggi, per confessargli la "volontà di perdere": ecco il demone segreto nel gioco dell'esistenza. Il racconto del titolo spiega la "società" in quattro quadretti ben dipinti, fra Settecento e Novecento, fra i bisogni delle dame prima di mettersi a tavola e le assurdità di un filosofo della Sorbona. Accanto ai tormenti storici e dell'attualità, Landolfi, ingaggiando il lettore amabilmente, interroga sempre l'artista sulla sua opera, e basta il ritratto dei "due figli di Stefano" - racconto nerissimo - per capire che aria tiri da queste pagine. Il borbottio arzigogolato di Landolfi anche se sfiora l'indecenza fra i Casanova sbottonati e i peti, ha un fine purissimo: lo si comprende nella revolverata che si spara lo scrittore ("vecchiotto") al termine della mattinata di lavoro: l'arte è una pedanteria; la prosa e la poesia, illusioni combinatorie che si spegneranno ridicolmente fra poco. Resta, nel suo sarcasmo inconsapevole, la vita che qui abbiamo registrata in vari modi. Il racconto più lungo riporta all'"eterna bisca", il secondo più lungo all'"eterna provincia". In entrambi un deluso, senza amore che per la sorte, gira nei suoi pensieri di rivalsa che mai giunge.

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Tommaso Landolfi

1908, Pico (Frosinone)

Scrittore, poeta, traduttore e glottoteta italiano. Nato da famiglia nobile, si laurea in Lingua e Letteratura Russa all'Università di Firenze nel 1932. In gioventù frequenta la cerchia degli ermetici e collabora a «Letteratura» e «Campo di Marte». Landolfi esordisce come narratore nel 1937 col racconto umoristico e concettuale Dialogo dei massimi sistemi. Alimentato da infinite suggestioni letterarie (da Rabelais a Gogol' passando per i simbolisti...), il discorso narrativo di Landolfi verte soprattutto sull'incontro-scontro tra istinti e ragione, tra consapevolezza e inconsapevolezza, registrato con ironia e e lirismo. Tra i successivi libri di narrativa ricordiamo Il mar delle blatte e altre storie (1939), La pietra lunare (1939), Racconto d'autunno...

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