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la Blavatsky non c'entra nulla!. E' stato utilizzato il suo nome impropriamente.
Recensioni
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(…). Francesca Serra parte da un periferico quartiere della Londra vittoriana per raccontare una storia iniziata in Russia, ma esplosa poi in tutto il mondo, sospesa tra remotissime credenze e futurologiche ipotesi scientifiche. Una storia russa perché profondamente russa è la sua protagonista, Helena Blavatsky (1831-1891), la fondatrice della teosofia. (…)
Madame Blavatsky ha raccolto in sé tutta l’eredità del suo lignaggio (nonna botanica e madre scrittrice) e l’ha proiettata in una vita di avventure e imprese, in un lungo e tortuoso viaggio interiore ed esteriore che Francesca Serra ci narra in un libro rocambolesco (…). Siamo nel regno della fiction, del gioco dell’immaginazione che alla fine si rivela essere una rincorsa affannata della verità, attraverso vie che svicolano dalla realtà come siamo abituati a considerarla. E quale argomento migliore per questo di Elena Petrovna Blavatskaja, la “sfinge del XIX secolo”, la regina dell’apparenza e della contraddizione, creatrice di arditi miscugli di esoterismo e divulgazione, segreto e pubblicità, occultismo e positivismo? (…).
Scrivere è come abbandonarsi a facoltà extrasensoriali e la scrittura qui mima massimamente il proprio oggetto. A ben vedere, Madame Blavatsky non è l’argomento ma il modo della scrittura. A furia di frequentare Helena, l’autrice avrà imparato qualche esercizietto e si comporta come lei, anzi, come l’anima di Madame che, con gli occhi ancora ben aperti, si astrae dal corpo diretto al crematorio e, mescolandosi alle particelle di smog della Londra di fine Ottocento, dà un preciso rendiconto del quartiere di St. John Wood e delle sue vicende immobiliari. Un filo di fumo è l’esito della storia, un filo che inanella i destini più disparati, combinandoli in un libero scambio di associazioni e rimandi, ammassando nella stessa pagina Paolo Gorini, inventore dei più moderni forni crematori del tempo, Giuseppe Mazzini, da lui imbalsamato e Eleanor Marx, la primogenita suicida di Karl Marx. Non manca neppure Garibaldi, l’eroe dei due mondi era stato anche l’eroe di Helena, che era stata ferita quasi mortalmente, combattendo per lui a Mentana. La dottrina segreta della Blavatsky, la ricerca di una sintesi universale e cosmica che leghi ogni piano dell’essere e ogni aspetto della coscienza, diventa così la legge della scrittura di Francesca Serra. La sua narrazione viene a formare costruzioni plausibili e convincenti, ma fragili, come complessi castelli di carta, castelli dai destini incrociati, fatti di elementi finiti che si combinano in combinazioni infinite. Affascinati dalla magnetica personalità della protagonista del libro, non subito ci accorgiamo che, in realtà, è la narrazione il fine della narrazione stessa. È il filo che non si deve spezzare lo scopo del racconto. Tutto si lega e tutto si annulla. Per questo i libri di Serra ritornano continuamente su se stessi, come l’uroboro dell’emblema della Società Teosofica (…)
Recensione di Maria Candida Ghidini
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