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In altra fiata il sire rece nuove frasi, indi stavolta non può più "recensire". Spegniam fiaccole vane su ogni trattino in riga, tutto s'ascende caro nell'ossequio, tutto lambisce soli e schiariture, tutto s'elide e sbinarizza sull'usitato tonfo plasmonato. Bisogna che sdreneggi l'ossatura, che s'inderagli il canto e il contraccanto, a cantizzar cazzate come adesso, me misero infranto e me medesimo in soliloqui più che fognativi. Me menomando sgerundiato, me merdinesco al tuo altarone, Fosco, me musico gronfio a tombinesca sorte. Così leggeri si affontanano i muri, così al latrato si altarizza il dorso, e voci e penne stridulano nella via come chi dice ahi mentre rassogna. Era che si tentava appunto un Foschizzare, gretto imitar di verbo a schiumar bile, giacchè irraggiunta fu codesta stanza a passo di lettor che vi accosteggia. Lasciar che Chisciottizzi una lanterna, lasciar che un ruggitare si ronzini, mogia stesura agli scirocchi opposti. Mentre di lato sfiamma rassegnata una palude d'encomi menomati; oh Fosco caro, Mastro di mete senza eredi, Dove s'andrà per questo sentierismo? Dove sconduce il periglioso graffio? Scucir sillabe adunque si sfrabatta, per quel che serve un mozzico d'omaggio, "rumando cianciafraglie e cacaloge". Ahi roghi, Ahi righe, Ahi righi miei che strango a bidolar, fusilli sintassati di sconciume, che merce in avaria spurga e disfiata, quale ruttar orsù qui si raddisfa. Il dire non saprei indove stombina, dove si svuota lo spiretar gonfiesco. Povero bastardazzo narcisato che ora beli, abietta vaneltà svisceratrice, come suole, cavillo sgretolato di nessumi, di butterato eloquio banditastro. Giunto al disapprodo mi trapasso, infilzo lebbra a queste gesta magre, e qui m'inchino alla tua vena aperta, come un goffo barlume tenta il sole. Come chi slarghi la strettoia con tenaglie illuse tenaglie, brulla smandripoltiglia al cospettone. Gnosi di irrilevanza epigonale.
Non mi dilungherò perché il commento di Alida Airaghi (grazie per tutte le sue recensioni) dice tutto. Mi limiterò a dire che questo testo mi ha dato e continua a darmi ogni volta un piacere euforico e scintillante. La stessa cosa è accaduta quando l'ho presentato ai miei scolari che si sono cimentati con successo e divertimento in imprese analoghe. Stessa cosa con i miei nipotini, uno dei quali conosce Il lonfo a memoria: non lo avesse mai fatto! Gli tocca recitarlo ad ogni riunione di famiglia. Una precisazione per il recensore Franco: la passata edizione, quella che ho usato a scuola, conteneva delle note del curatore, non dell'autore, e in completo contrasto con le sue intenzioni. Lo hanno capito anche i miei nipotini, ed erano molto piccoli allora: mi avevano detto chiaramente che ognuno doveva immaginare il significato che gli piaceva. La presente edizione curata dalla figlia di Maraini rende giustizia all'opera eliminando ciò che non solo non gli apparteneva, ma ne travisava completamente lo spirito.
Pessima edizione incomprensibilmente priva delle fondamentali note dell'autore rispetto alla precedente pubblicazione. Mi meraviglio che la Nave di Teseo abbia licenziato un libro incompleto!
Recensioni
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