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"Geloso permaloso lunatico e noioso". Questo è il titolo della breve raccolta data alle stampe da Andrea Cabassi nel luglio di quest'anno. Agli attributi succitati io aggiungerei "timido". Introverso il giovane uomo, timidi i versi che ha tratto dal fondo delle sue notti. Ma sovente e sorprendentemente, versi limpidi, straordinariamente maturi, ironici e al contempo pesanti. "Scegli le parole che vorresti sentire/e dai loro la mia voce./Per questa volta solo/lascia vincere me". Un'umiltà inconsueta percorre la raccolta, un tono spesso dimesso ma non disamorato. Solo, la coscienza che ogni vicenda poetica ha la consistenza di un'ala di farfalla: togliamole la magica polvere, e la farfalla non volerà più. "Ti voglio/quant'è vera la vita/perché la vita sia vera". E ciò vale anche per la vita, dunque, sicché l'invocazione all'amore, il perentorio "voglio", è lo scatto del puledro che non si rassegna al recinto. Il tema dell'amore infatti è ricorrente in questa raccolta, ma le immagini che lo richiamano sono originali e sofferte, mai scontate, spesso amare. "Dea di fumo,/tuoi gli occhi del Nilo/d'apprendista terrestre." - "Ero stanco/e tu eri bella." Il linguaggio è volutamente prosaico, con impennate liriche di ottima fattura e sapienti riflessioni di vita e di pensiero. "La sottile frontiera/fra arte e vandalismo/è la capacità/di affascinare le proprie vittime". - "Bellezza è libertà/di essere diversi/inappagati/audaci e incompiuti". C'è una promessa in questi versi, ed è buona cosa. Ben vengano generazioni più consce, più coraggiose di quella cui io appartengo. Ben vengano nuovi paladini: paladini della Vita, dell'Anima, perché la Creazione ha più bisogno di spade di luce che non di televisori al plasma. Perché: "Dio è perfetto/però io imparo in fretta/e non esiste cielo che possa contenermi,/così quando saremo morti/avremo una frase da ricordare". EM
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