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Dettagli

1985
14 novembre 1985
Libro universitario
268 p., ill.
9788833900209

Voce della critica


recensione di Maiani, L., L'Indice 1986, n. 5

A differenza delle scienze antiche, la fisica moderna di Galileo e Newton non si è rivolta in modo determinante allo studio dell'universo nel suo insieme, ma piuttosto a quello degli oggetti in esso contenuti: stelle, pianeti, pendoli, cariche elettriche, ecc. In un certo senso, questo atteggiamento era insito nei principi investigativi elaborati dalla nuova scienza, che includevano in modo essenziale la semplificazione e la schematizzazione dei fenomeni (ad esempio l'eliminazione dell'attrito come punto cruciale per comprendere il principio d'inerzia) nonché l'idea che per individuare le leggi fondamentali occorresse partire da situazioni controllate e riproducibili, caratteristiche queste che non si possono certo attribuire allo studio dell'universo nel suo insieme.
Un altro ostacolo allo studio dell'universo nel suo insieme è stato, credo, il modo in cui lo spazio ed il tempo venivano concepiti nella fisica newtoniana. Lo spazio ed il tempo sono visti come entità immutabili, non influenzate da agenti esterni, dei puri contenitori che forniscono lo sfondo al divenire delle cose, ma privi di struttura e di una possibile evoluzione. Il modello naturale dell'universo, per il fisico newtoniano, è quello di un universo omogeneo e sempre uguale a se stesso, a parte le fluttuazioni locali dovute alla concentrazione della materia nei corpi celesti. Un oggetto poco interessante da studiare, molto meno, in ogni caso, dei meravigliosi fenomeni che in esso si svolgono.
Questa visione statica ha dominato la fisica fino ai primi decenni del secolo. Lo ha fatto in modo tanto profondo e radicato da portare fuori strada persino Einstein, in quello che egli stesso ebbe a definire come l'unico infortunio della sua carriera scientifica: l'introduzione del cosiddetto termine cosmologico nelle equazioni della relatività generale, un termine ad hoc, la cui unica giustificazione era quella, rassicurante, di permettere come soluzione possibile un universo statico. Pochi anni dopo, la straordinaria scoperta di Hubble che le galassie si allontanano le une dalle altre con velocità crescenti all'aumentare della distanza, metteva fine all'idea di un universo statico ed apriva il problema dell'evoluzione dell'universo stesso. Se oggi l'universo si espande, quali saranno gli stadi successivi? E quali gli stadi iniziali, da cui la gigantesca esplosione (Bing-Bang) ha avuto inizio?
Gli strumenti concettuali per affrontare questi problemi sono contenuti proprio nella teoria della relatività generale, che ha posto, di fatto, le basi della cosmologia moderna intesa come determinazione scientifica della nascita, dell'evoluzione e del possibile destino dell'universo nel suo complesso. Nella relatività generale, la geometria dello spazio e la sua evoluzione nel tempo non sono dei dati fissati a priori, ma sono determinati piuttosto dalla quantità e dalle caratteristiche fisiche della materia e della radiazione presenti nello spazio stesso. Dunque, diventa possibile concepire strutture e modi di evoluzione diversi (leggi: geometrie diverse e differenti modi in cui la geometria cambia col tempo) distinti tra loro da differenti composizioni in materia e radiazione. Ed è anche possibile confrontare le varie possibilità con i dati astronomici e scegliere, tra i possibili, il modo di essere e di evolvere dell'unico, irripetibile universo in cui viviamo.
Estrapolando all'indietro nel tempo il moto delle galassie, siamo portati a pensare che l'universo abbia attraversato nel passato degli stadi in cui la materia era densa, indifferenziata, e ad alta temperatura. La prova sperimentale di questa conclusione sorprendente fu trovata circa venti anni fa da Arno Penzias e Robert Wilson, sotto la forma di una radiazione diffusa ed omogenea, che pervade tutto il cosmo, ad una temperatura di qualche grado assoluto (corrispondente a circa -270 gradi centigradi). Questa radiazione cosmica non è altro che il residuo della grande fornace, a diversi milioni di gradi, che era allora l'universo, raffreddata quasi allo zero assoluto dalla espansione cosmica. Andando ancora indietro nel tempo, e quindi a temperature più alte, l'universo doveva trovarsi in condizioni ancora più estreme, quali siamo oggi in grado di riprodurre, per brevissimi istanti ed in regioni microscopiche, solo negli urti tra particelle elementari. È a questo punto che la cosmologia e l'astrofisica si incontrano con un'altra impresa dell'intelletto umano: la ricerca dei costituenti fondamentali della materia e della radiazione, la fisica delle particelle elementari. Il progresso enorme compiuto negli ultimi vent'anni in questo campo ci permette di farci un'idea chiara dei primi istanti di esistenza del nostro universo (i primi tre minuti di un celebre libro di S. Weinberg). Forse potrà darci anche la risposta ad alcuni affascinanti quesiti quali l'origine della materia di cui tutti noi siamo fatti, o di quella che forma grandi aloni invisibili intorno alle galassie - la cosiddetta materia oscura - aloni che possiamo mettere in evidenza dai loro effetti gravitazionali ma la cui natura ancora ci sfugge.
Queste, e molte altre cose, il lettore può trovarle nel libro di Harald Fritzsch. È un libro dichiaratamente divulgativo in cui, con linguaggio chiaro e diretto ma rigoroso, si cerca di delineare il quadro unitario dell'universo quale risulta dalle scoperte più recenti dell'astrofisica e della fisica delle particelle elementari. Ricco di aneddoti e di divagazioni, il libro mi è parso di piacevole lettura e ricco di informazioni interessanti. Semmai, non ho apprezzato del tutto le considerazioni filosofiche che appaiono all'inizio e alla fine del libro. Ma tant'è, nei libri che legge, ognuno cerca ed approva quello che a lui è congeniale, e può darsi che altri lettori non condivideranno questa mia opinione.
Prevale su tutto il fascino dell'argomento, la cosmologia e le sue relazioni con la fisica delle particelle elementari. In tempi in cui assistiamo correntemente al riemergere di impulsi irrazionali mi sembra assai appropriato cercare di comunicare in forma comprensibile quanto di razionale l'uomo ha elaborato sull'universo in cui ci troviamo, ed indicare chiaramente dove sono oggi i veri misteri della natura.

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