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Diario d'una tenera ed affettuosa amicizia, con continui rimandi a fatti e situazioni che possono presumersi legati alle vicende personali del narratore e dell'anziano protagonista. Dunque impossibili da conoscere dal punto di vista del lettore. Che, di conseguenza, non viene mai veramente coinvolto e finisce l'opera sentendosi sostanzialmente un estraneo.
Recensioni
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Appartiene alla categoria flessibile del racconto lungo - romanzo breve questo Fransè di Erminio Ferrari (giornalista, autore di saggi narrativi - Contrabbandieri , 1997 - e di un romanzo, Passavano di là , 2002), il quale non solo si ispira esplicitamente alla figura di Francesco Biamonti, a cui si allude fin dal titolo, ma spinge il proprio omaggio fino a tentare una scrittura "alla maniera di". Una rievocazione, dunque, sotto specie narrativa e abbastanza indiretta da piacere a Biamonti, uomo "scabro ed essenziale", la cui vicenda biografica rimane sullo sfondo, ma il cui carattere rivive nel protagonista, insieme ai temi a lui cari, primo fra tutti quello del confine, linea che contiene ed esclude, che stimola la trasgressione e il passaggio (la trama si snoda sulle sponde del lago Maggiore, crocevia della vecchia Europa). Molto biamontiane anche le atmosfere, pur lontane dalla Liguria gialla di mimose e dal mare, che Fransé ha abbandonato per le acque malinconiche del lago: le nebbie, le piante dai nomi poco usati (lagerstroemie, canfora, ginko biloba), il profilo dei monti, le case abbandonate concorrono a evocare quel senso di metafisico mistero e di fascinazione che i lettori di L'angelo di Avrigue e di Vento largo hanno amato. La morte violenta di Fransè dà l'impulso alla vicenda: uno sparo senza nome precipita nel dubbio l'io narrante, l'immancabile cane (fedele come quelli dei passeur esperti di frontiere) e Hamar, "uomo dell'Atlante", che in quella terra di confine vive la propria condizione di immigrato, ancora dolorosamente in bilico tra accettazione e rifiuto; in secondo piano si affacciano altre solitudini, altre tragedie: gli ebrei, la guerra, la follia. La struttura del noir, sapientemente punteggiata dal laconico lampeggiare dei dialoghi, non tende allo scioglimento, quanto alla riflessione sul tempo, sulla vita e sul rapporto fondante tra discepolo e maestro.
Rossella Bo
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